Sansepolcro: via Aggiunti.
Scorcio di San Giustino.

Le vicende politiche nei Comuni della valle

A Sansepolcro lo scontro politico nel 1916 investì l’amministrazione comunale che, con il sindaco Federigo Nomi e alcuni consiglieri alle armi, rivelò la sua fragilità di fronte agli incalzanti problemi sociali. L’opposizione socialista fu severa: “L’Amministrazione Comunale è come se non esistesse”, denunciò “La Rivendicazione” a giugno, puntando il dito contro i “due o tre maneggioni” che ne reggevano le sorti dallo Stabilimento Buitoni. A causa della sporadicità delle riunioni del consiglio comunale e della mancata discussione del bilancio, la minoranza socialista si sentì “defraudata del suo diritto di controllo” e chiese l’intervento del prefetto. I socialisti si facevano forti del pronunciamento degli operai di Sansepolcro, che in un’assemblea avevano dichiarato di essere “seriamente preoccupati” per la disoccupazione e per l’incremento del costo della vita. A enfatizzare la vulnerabilità dell’amministrazione ci si mise la protesta di circa 300 cittadini, per lo più donne, che domenica 13 agosto chiesero provvedimenti per l’occupazione, il contenimento dei prezzi e l’assistenza agli indigenti.

La situazione stava dunque sfuggendo di mano. All’inizio di settembre gli assessori ancora in carica comunicarono al prefetto le loro dimissioni. Il prefetto inviò a settembre il commissario Angelo Stagni, che a novembre fu nominato commissario prefettizio. La situazione sociale rimase tanto tesa che a novembre vi fu un’altra manifestazione per il lavoro, con un corteo che si mosse dalla sezione socialista, dove avevano sede anche le organizzazioni sindacali dei lavoratori, il laboratorio per la confezione degli indumenti militari e il Magazzino della Società Operaia. I socialisti Luigi Bosi e Duilio Puletti sarebbero stati assolti dall’accusa di aver sobillato la protesta.

Anche l’amministrazione municipale di Città di Castello faticò a dare risposte efficaci all’emergenza sociale. Soprattutto mancò una strategia di ampio respiro, che avrebbe potuto disegnare solo un ceto dirigente con una adeguata statura politica. Il fatto che il sindaco Urbano Tommasini risiedesse abitualmente a Firenze faceva spesso ricadere sugli assessori che lo supplivano il peso delle decisioni immediate. L’insoddisfazione dell’opposizione assunse all’inizio del 1916 la forma radicale delle dimissioni in blocco dei consiglieri comunali socialisti e del rappresentante del partito nella commissione annonaria. Imputarono alla giunta l’incapacità di gestire le vitali questioni del caroviveri e della disoccupazione e lo sperpero di denaro pubblico in lavori privi di una lungimirante progettualità. Nel corso del 1916, pur con accenti diversi, anche gli interventisti de “Il Dovere” mossero critiche analoghe.

Vita travagliata ebbero anche le amministrazioni comunali di Monterchi e Monte Santa Maria Tiberina, ma non certo per ragioni politiche. Il sindaco monterchiese Pietro Alberti finì con il dimettersi, sentendosi bersaglio di “risentimenti personali di meschina portata”; poi il terremoto del 26 aprile 1917 portò al commissariamento del Comune. A Monte Santa Maria Tiberina l’attività municipale fu condizionata, e talvolta paralizzata, dall’inveterato campanilismo con la frazione di Lippiano, che si tradusse in una insanabile spaccatura tra i consiglieri delle due località.

Non vi è traccia di aspri contrasti politici negli altri Comuni. Ad Anghiari e a Umbertide i socialisti, per quanto all’opposizione, trovarono amministratori spesso pronti ad accogliere le loro proposte a vantaggio degli strati più disagiati della popolazione. A Umbertide, dove le proposte dello stimato consigliere comunale socialista Giuseppe Guardabassi erano ascoltate con attenzione, “La Rivendicazione” affermò che “qualche cosa di buono” si stava facendo. Momenti di tensione vi furono in occasione di una manifestazione spontanea che ebbe luogo il primo maggio 1917. Le forze dell’ordine trassero in arresto alcuni dimostranti e denunciarono 35 umbertidesi. Il processo assolse i socialisti dall’accusa di “istigazione” e non infierì contro gli altri imputati.