“Piazza di sopra” da una delle finestre dello Stabilimento Lapi.
Corso Cavour da casa Hartmann.

Tifernate d’adozione

Raccontano i famigliari che il giorno in cui Hartmann morì, nel 1948, si era fatto il “giro delle quattro porte” della città. Leggendario camminatore, Hartmann soleva quotidianamente passeggiare a lungo, in ogni stagione, talvolta sia durante la pausa dal lavoro di mezzogiorno, sia la sera, percorrendo la via di circonvallazione o raggiungendo le varie località a qualche chilometro di distanza da Città di Castello: la villa Franchetti, il santuario di Belvedere, Fontecchio. Se aveva qualche ora a disposizione si recava verso frazioni più lontane. Una volta – scrisse nel diario – fece 15 chilometri, leggendo un libro di Tolstoi, poi ritornò a casa in treno; l’indomani salì fino a Fraccano, lontano una decina di chilometri, tornando per la via di Fontecchio (“il cane di Sensi mi accompagnò in città”, annotò nell’agendina). Divenne familiare per i tifernati la vista di questo gentiluomo a spasso per le strade, spesso polverose, della città e dei suoi dintorni. Così come fecero epoca alcune sue camminate veramente eccezionali, con degli amici, per andare a godersi le amate rappresentazioni operistiche al Morlacchi di Perugia o addirittura a Pesaro.
Hartmann amava Città di Castello, la sua gente e la sua campagna, della quale non si stancava di ammirare il paesaggio. Si era calato con gusto nella vita locale: frequentava diverse famiglie della borghesia tifernate; non perdeva alcuna rappresentazione teatrale; era socio del Circolo Tifernate e del Tiro a Segno; con altri amici della Società del Quadrigliato si ritrovava per giocare a carte nel retrobottega della farmacia di Angiolo Bini; partecipava, curioso e divertito, al Carnevale e a ogni manifestazione che vivacizzava la vita cittadina. Non che i suoi rapporti sociali si limitassero a un ristretto ambito borghese e benestante: in campagna non disdegnava il lavoro manuale nella sua proprietà e stava a stretto contatto con i contadini, vendemmiava con loro, assisteva e dava una mano alla battitura del grano – e non solo per curare la divisione del raccolto e tutelare i suoi interessi di piccolo possidente.