Piazza di Sansepolcro all'epoca.

Proteste per la disoccupazione e il caroviveri

La questione dell’intervento dell’Italia nel conflitto veniva dibattuta in un contesto di crescente tensione sociale. All’inizio di febbraio del 1915 “una gran turba di popolo”, radunatasi alla stazione ferroviaria di Città di Castello, impedì l’esportazione fuori della valle di un centinaio di quintali di grano. Il 9 febbraio esplose ancora la rabbia della popolazione di Caprese Michelangelo, che riuscì finalmente a costringere il Comune ad acquistare il grano per i bisogni locali. Tra il febbraio e il marzo 1915 vi furono momenti di nervosismo anche a Citerna e a Sestino.

L’episodio più grave avvenne a Monterchi. Il 19 febbraio 1915 circa 400 contadini, alcuni dei quali armati di bastoni, dettero vita a una manifestazione per poter acquistare anch’essi il grano ammassato dal Comune a 32 lire il quintale, prezzo di favore stabilito per braccianti e indigenti. Mentre erano in corso trattative, un manifestante colpì con una bastonata un carabiniere; dalla sua arma, secondo quanto si riferì, partì un colpo accidentale che uccise un giovane contadino.

Dell’esasperazione dei ceti meno abbienti porta testimonianza anche la protesta divampata ad Anghiari. L’amministrazione comunale aveva già reso operativo un Magazzino per assicurare la distribuzione del grano a prezzi calmierati alla popolazione più bisognosa. Ma il 28 marzo 1915, una folla di circa 300 lavoratori s’adunò nervosa davanti al palazzo municipale e inviò una delegazione dal sindaco Telesforo Brizzi, reclamando l’immediato abbassamento del prezzo del grano. Seguirono momenti di grande tensione. Alla fine la folla ottenne che il grano fosse venduto a 32 lire al quintale. Le manifestazioni di Monterchi e di Anghiari colsero di sorpresa anche i socialisti.

Il problema del caroviveri contribuì certo ad alimentare un’altra manifestazione di protesta, inscenata a Città di Castello il 10 maggio 1915. I dimostranti rivendicarono occupazione dopo che il Comune, per mancanza di fondi, era stato costretto a sospendere gran parte dei lavori in corso e a riassumere solo un quarto dei 1.000 operai disoccupati.

In quel periodo a Sansepolcro non si ebbero manifestazioni di protesta; però preoccupava la mancanza di una strategia di ampio respiro da parte dell’amministrazione comunale.