Scritta fascista sulla facciata di una casa a Petrelle.
Slogan in una colonia estiva a Città di Castello.
Ascolto della radio in una scuola elementare rurale.

Propaganda

Slogan sui muri

Per rafforzare nella mente dei cittadini le idee forza del fascismo, il regime fece diffuso ricorso anche a slogan scritti a caratteri cubitali sui muri delle case. Nel 1975 gli allievi dell’IPSIA di Città di Castello riproposero in un opuscolo una raccolta delle scritte sui muri tracciate nel nostro territorio. Molte di esse enfatizzavano il ruralismo fascista: “La vera fonte e la vera origine di tutta l’attività umana è la terra” (La Cavola – Le Ville); “L’agricoltura è stata portata dal regime al primo piano, non soltanto economico, ma morale della nazione” (Cerbara); “Fra i lavoratori i più nobili e i più disciplinati sono i lavoratori della terra” (Le Pietre – Citerna); “Onorate il pane gloria dei campi, fragranza della terra, festa della vita” (Petrelle); “Più fondo il solco, più alto il destino” (Selci); “Colui che abbandona la terra senza un supremo motivo, io lo considero un disertore dinanzi a sé e dinanzi al popolo italiano” (Morra). Altre scritte ribadivano il carattere nazionalista e militarista del regime: “Non bisogna tollerare prepotenze da nessuno, a nessun costo. Chi le subisce è un vigliacco” (Morra); “Obbedire, combattere, vincere” (Pistrino); “Camminare, costruire e, se necessario, combattere e vincere” (Le Ville); “L’esercito è garanzia sicura dei destini della Patria” (Niccone); “La pace più sicura sarà all’ombra delle nostre bandiere” (Niccone); “Chi tocca la mia terra avrà del piombo” (Colle Umberto); “L’aratro traccia il solco, ma è la spada che lo difende” (Selci Lama); “La salvezza non può venire che dalla verità di Roma e da Roma verrà” (Colle Umberto). Altre scritte, infine, inneggiavano al lavoro, alla scuola e alla solidità morale del regime: “Il lavoro è la cosa più nobile, più solenne, più religiosa della vita” (Le Ville); “Bisogna avere il sano orgoglio di mandare i propri figli a scuola” (Cerbara); “La nostra volontà è metodica, tenace, indomabile” (Morra);  “Solo Dio può piegare la volontà fascista, gli uomini e le cose mai” (Promano).

 

Radio e regime

“La Nazione” definì l’adunata popolare per il discorso radiotrasmesso del Duce il 23 febbraio 1941 “la più imponente manifestazione improvvisata a Città di Castello”. Così si legge nella cronaca di quell’evento: “Il Duce ha cominciato a parlare. La sua parola è scesa nel cuore di tutti come un nuovo viatico, facen­do comprendere quanto immane e grande sia il lavoro dei Capi, come tremenda la responsabilità e come immenso il peso che l’Italia deve sopportare oggi nei suoi fronti lontani. Nella vasta piazza aleggiava uno spirito di raccolta devozione, che via via si cambiava nel più irrefrenabile entusiasmo, mentre il Duce con la passione e la fierezza del suo ferreo atteggiamento ammoniva, incitava, esponeva la situa­zione delle potenze dell’Asse in confronto alla forza delle potenze plutocratiche di­speratamente prese nella contesa”. In quell’anno i tifernati accorsero in piazza per ascoltare i discorsi di Mussolini anche il 10 giugno e l’11 dicembre, quando fu comunicata l’entrata in guerra contro gli Stati Uniti. Prima del Duce, parlò alla folla Vincenzo Paolieri.

Per il discorso di Mussolini al senato radiotrasmesso l’8 giugno 1933, la popolazione fu convocata in piazza dal Fascio con dei manifesti. Vi furono punti di ascolto anche nei pubblici ritrovi e nelle case private. Il 2 ottobre 1935 il discorso del Duce venne ascoltato nel Cinema Littorio, ora Eden.

Il regime fascista sfruttò con molto acume le opportunità organizzative, didattiche e propagandistiche offerte da questo nuovo mezzo di comunicazione di massa. Ad esempio, nell’aprile del 1933 un apparecchio radio fu posto nel corridoio della scuola elementare di San Filippo, così che gli allievi potessero ascoltare la “radiotrasmissione educativa” rimanendo nelle loro aule. Prima dell’audizione, gli insegnanti dovettero “spiegare il significato di tale avvenimento, mettendo in rilievo le varie parti dello Stato Corporativo, la ricorrenza della Festa del Lavoro ed il Natale di Roma”.

Nel 1937, e l’esperienza si sarebbe ripetuta anche successivamente, gli esercizi del saggio ginnico di fine anno al Campo Sportivo del Littorio furono “comandati per radio” dal Foro Mussolini di Roma.

In epoca bellica si successero con frequenza i “radiorapporti”, che si rivolgevano di volta in volta a settori ben delineati della popolazione. Nei primi mesi del 1941 ve ne furono per gli operai dell’industria, i lavoratori delle cooperati­ve, le donne, i mutilati, i dipendenti pubblici ed i dopolavoristi. I dirigenti tifernati si limitavano ad una breve introduzione dinanzi al pubblico adunato nelle sedi pre­scelte, prima che prendessero la parola gli oratori dagli studi dell’E.I.A.R., la ra­dio di Stato. I pubblici avvisi ricordavano che non si ammettevano assenze; talora era prescritta la camicia nera.