Distintivi del Partito Fascista e saluto romano.

Saluti fascisti e distintivi

Il saluto romano tra fascisti prese a diffondersi nel 1922. Tre anni dopo il nascente regime lo impose negli uffici pubblici. Nel dicembre del 1925 il capozona Paolieri rammentò che i fascisti dovevano “obbligatoriamente” salutarsi con tale gesto. Di lì a poco il segretario politico Palazzeschi emanò una disposizione che richiedeva ai fascisti di indossare sempre, e ben visibile, il distintivo del partito e di “poter esibire ad ogni richiesta la tessera”. Ma non tutti gradivano portare sempre addosso la “cimice”,- denominazione popolare del distintivo: nel 1937 un foglio d’ordini della federazione perugina del PNF tuonò contro gli inadempienti (“un fiore all’occhiello si addice meglio per la loro mentalità di gagà”) e ingiunse di “colpire inesorabilmente questi sepolcri imbiancati che nella fede [fascista] sanno vedere solo il tornaconto”.
La campagna contro la stretta di mano venne portata avanti per alcuni anni. Già nel 1937 una circolare dell’Opera Balilla la definiva “una esteriorità rivelatrice quasi sempre di scarso spirito fascista” e invitava a segnalare quanti si dimostravano incapaci di “disancorarsi da vecchie usanze”. Si considerava la stretta di mano un “atteggiamento antimilitarista” di natura borghese, “elevato poi, dalle Società Massoniche, ad un simbolo”. Al contrario, l’italiano, anche nei gesti, doveva acquisire “uno stile più rispondente al suo spirito guerriero, alla sua fede, al suo temperamento”. Nel 1939 una circolare del provveditorato agli studi ribadì il divieto della stretta di mano da parte del personale delle amministrazioni statali. Anche la stampa ricevette perentori ordini a non pubblicare foto di persone che si stringevano la mano.
Alla fine degli anni ’30 prese vigore anche la campagna per l’abolizione del “lei”, definito “servile e straniero”. Bisognava darsi del “tu” fra pari grado, altrimenti del “voi”.

Per un quadro più ampio del tema, si veda il mio volume Il fascismo a Città di Castello, Petruzzi Editore, Città di Castello 2004.