Edificazione di nuovi capannoni a ridosso del complesso di San Domenico (1954).
Lavori di sterro là dove si situava la segheria Garinei.
Costruzione del nuovo stabilimento della Fattoria in via Borgo Farinario (1950).
I lavori di ristrutturazione dell’ex chiesa di Santa Caterina nel secondo dopoguerra.
Nell’immagine del 1959, è evidenziato in giallo l’insediamento della Fattoria Autonoma Tabacchi tra i quartieri Mattonata e Prato.

Lo stabilimento nei primi anni del dopoguerra

 

Nelle condizioni di grave emergenza dell’immediato dopoguerra, non venne considerata una priorità la ricostruzione dei locali distrutti. Per depositare il tabacco prodotto e lavorato negli anni 1944 e 1945, una quantità assai inferiore agli anni precedenti, bastarono degli ambienti presi in affitto. Ma già nel 1946, con la produzione che stava tornando a pieno regime, divenne indifferibile dotarsi di un nuovo magazzino botti. Motivi tecnici sconsigliarono di riedificarlo a Rignaldello, anche perché la totale distruzione della linea ferroviaria impediva di riattivare il raccordo. Si scelse dunque di fabbricare altre due arcate nell’Orto Vincenti, in modo che il magazzino fosse in diretta comunicazione con il salone di lavorazione, e di realizzare subito un padiglione nell’ex segheria, anziché farlo successivamente come era negli intenti originari.
Lo sviluppo della coltivazione del tabacco nel Tifernate riprese però a un ritmo straordinario, tanto che la produzione raggiunse i 30.000 quintali. All’inizio del 1948 gli amministratori della Fattoria decisero “la divisione in due piani delle due arcate del padiglione costruito nell’Orto Vincenti”. Concordarono inoltre che la ricostruzione del magazzino di Rignaldello era ormai “indispensabile” e avviarono l’opera immediatamente. Alla fine dell’anno lo stabilimento era già quasi ultimato.
Nel 1949 si avviarono i lavori per la ristrutturazione dell’ex chiesa di Santa Caterina. Gli amministratori della Fattoria deliberarono di affidare gli affreschi che l’adornavano alla Pinacoteca Comunale, tranne quello attribuito al Pomarancio e “rappresentante il Padre Eterno”, destinato a rimanere nella sala di lavorazione. Inoltre, per giungere a una definitiva sistemazione dell’area nelle vicinanze delle mura, si posero le basi di una permuta con il Comune che sanava delle irregolarità formali: in cambio della cessione delle prime tre arcate del capannone in Via del Pomerio, a ridosso del Palazzo Vitelli alla Cannoniera, la Fattoria venne autorizzata ad appoggiare alle mura dei Frontoni gli edifici che aveva già costruito, a realizzare i sopra-passaggi sulla pubblica via e l’apertura nelle mura allo sbocco di Via delle Santucce.
Di lì a poco, l’incremento della produzione e il rallentamento delle spedizioni, che costringeva in certi periodo a trattenere in magazzino le botti di due anni, portarono a coostruire nel 1951 un nuovo capannone a Rignaldello, ad angolo con quello esistente, su un terreno acquistato dal demanio e già sede stradale della ferrovia.
Nel periodo immediatamente successivo, l’attenzione si spostò ancora sullo stabilimento all’interno del centro storico, con lavori di adeguamento dei locali di imbottamento e del salone di cernita. Ma un intervento di grande rilievo fu possibile solo dopo l’acquisto degli ambienti in affitto dell’ex convento di San Domenico. Lo rese possibile la progettata costruzione nella periferia orientale del Gorgone della nuova sede dell’orfanotrofio femminile, dell’ospizio cronici e e del ricovero. Il previsto trasferimento di questi istituti permise alla Fattoria di acquisire, nel 1952, la proprietà dell’intero complesso, eccettuato il monumentale chiostro. La demolizione dell’ex fabbricato della “Muzi-Betti” iniziò nell’estate del 1954 e il nuovo capannone fu completato entro la fine dell’anno successivo.