Deposito di botti di tabacco all’interno della ex chiesa di Santa Caterina.
L’ex chiesa di Santa Caterina: era situata dove si trova attualmente il salone d’ingresso della Fattoria.

La palazzina Vincenti e la chiesa di Santa Caterina

 

Nel 1939, mentre i dipendenti dello stabilimento raggiungevano il numero di 680, l’azienda rilevò da Dina Vincenti la palazzina adiacente l’ex chiesa di Santa Caterina, con l’orto annesso, e l’area della segheria Garinei, con il fabbricato lungo Via Borgo Farinario. Per realizzare, come nelle intenzioni, un unico insediamento produttivo tra l’ex convento di San Domenico e le mura, la Fattoria chiese al Comune di chiudere Via del Campaccio, che da Via della Santucce e dal quartiere Mattonata sbucava in Via Oberdan. Il podestà tifernate assecondò il progetto e il 31 dicembre 1939 deliberò la chiusura. Però il soprintendente all’Arte Medioevale e Moderna, venuto a conoscenza della cosa dai giornali, impose al Comune di acquistare, con il ricavato della vendita di Via del Campaccio, una parte dell’orto adiacente Palazzo Vitelli alla Cannoniera, definito uno “sconcio”, per trasformarlo in giardino.
All’inizio del 1940 la Fattoria prese possesso della palazzina Vincenti, che sarebbe stata adibita a uffici, e progettò di costruire “un padiglione a tre arcate lunghe 40 metri e larghe 10 metri ognuna” nell’orto già Vincenti e degli essiccatoi nell’area dell’ex segheria. Ma, con l’Europa già sconvolta dalla seconda guerra mondiale e l’Italia che stava per entrarvi, finì con il prevalere la prudenza. Così in quell’anno prese il via solo l’edificazione di una prima arcata e nel 1941 si dovette constatare che le condizioni del bilancio impedivano nuove costruzioni. Fu comunque possibile accantonare fondi per l’acquisto dell’ex chiesa di Santa Caterina e di ambienti limitrofi, concretizzato alla fine di novembre 1942.
Nonostante l’incombere della guerra, la situazione finanziaria della Fattoria appariva ai suoi amministratori “floridissima”, tanto che nel maggio 1943 pensarono di mettere mano all’edificazione degli essiccatoi nell’area dell’ex segheria. Gli eventi invece precipitarono e l’azienda avrebbe pagato un duro prezzo durante il passaggio del fronte bellico. I tedeschi occuparono lo stabilimento, saccheggiando il “magazzino articoli vari” e la mensa, e dettero alle fiamme il deposito botti di Rignaldello, dove bruciarono 20.000 quintali di tabacco delle campagne 1942 e 1943.