Veduta dalle colline orientali degli impianti della Fattoria a Rignaldello (1951).
I primi capannoni edificati per l’essiccazione del tabacco sub-tropicale (1959).
Veduta da est del complesso degli essiccatoi nel 1966.
I due insediamenti industriali della Fattoria, nel quartiere Mattonata e a Rignaldello.

Gli essiccatoi per il sub-tropicale

 

A quel punto era stato utilizzato e razionalizzato tutto lo spazio disponibile per lo stabilimento di città. Mentre cresceva l’incidenza della produzione di tabacco sub-tropicale, una ulteriore espansione era possibile solo nella zona periferica di Rignaldello. A tal fine la Fattoria si premunì ampliando notevolmente il terreno di sua proprietà tra il 1952 e il 1956. La costruzione dei grandiosi stabilimenti per l’essiccazione del sub-tropicale fu avviata all’inizio del 1958; al termine di quell’anno la ditta romana Ghira, specializzata in strutture prefabbricate in cemento armato, aveva già completato il primo capannone. Tra il 1961 e il 1962 si procedette alla costruzione di un ulteriore corpo di fabbricato a tre arcate, del volume di 35.000 metri cubi, che raddoppiava la cubatura per la cura del sub-tropicale a Rignaldello. In un periodo segnato dal flagello della peronospora e dalle conseguenti tensioni sociali, quei “colossali nuovi impianti” vennero considerati il modo migliore per festeggiare il 50° anniversario della fondazione e per guardare ottimisticamente al futuro. Il completamento degli impianti di Rignaldello, reso possibile dal contributo del ministero dell’Agricoltura, avvenne nel 1965.
Nessuno avrebbe pensato che l’enorme complesso sarebbe tornato utile ben oltre le esigenze della coltivazione del sub-tropicale. Dopo l’alluvione di Firenze del 4 novembre 1966, fu lì che si effettuò l’opera di salvataggio di documentazione del tribunale fiorentino e di libri e giornali della Biblioteca Nazionale. Vi lavorarono circa 300 operaie e il procuratore generale di Firenze volle ringraziare calorosamente queste maestranze che, ebbe a dire, “nelle mie ripetute visite allo stabilimento, ho visto lavorare con un fervore addirittura inconsueto, dove trasparivano evidenti la soddisfazione e l’orgoglio di poter apportare il contributo della loro opera alla martoriata città di Firenze”. Un destino culturale, quello dei capannoni di Rignaldello, infine consacrato dalla loro destinazione a raccolta permanente delle grandi opere dell’illustre artista tifernate Alberto Burri.