Squadra d’azione fascista di Città di Castello.

Lo squadrismo a Città di Castello

Il 27 marzo 1921, giorno di Pasqua, si offrì ai fascisti di Città di Castello l’opportunità di entrare in azione contro le organizzazioni della sinistra. Il pomeriggio fu aggredito l’esponente del Partito Popolare e decorato di guerra Venanzio Gabriotti. Per quanto Gabriotti non nutrisse affatto simpatie per il fascismo e i suoi tre assalitori fossero mossi più che altro dai fumi dei vino, l’episodio assumeva una grande valenza simbolica: un proditorio attacco contro un eroe e mutilato di guerra da parte di individui reputati anarchici, una inequivocabile riprova di come la sinistra vilipendesse la Patria e stesse degradando la contesa politica, sospingendola verso il baratro della rivoluzione.

L’esiguità del numero di aderenti al nascente Fascio di Combattimento indusse a chiedere aiuto ai perugini, che mobilitarono la squadra “Satana”. La spedizione punitiva raggiunse gli scopi prefissati, in linea con quanto stava avvenendo in tante altre parti del territorio nazionale: saccheggio della Camera del Lavoro, umiliante sfregio al movimento dei lavoratori in quella che i fascisti consideravano una “cittadella rossa”; distruzione della tipografia del battagliero periodico “La Rivendicazione”, punto di riferimento di tutti i socialisti altotiberini; disgregazione del partito socialista e delle leghe di resistenza, i cui dirigenti furono per lo più costretti a nascondersi o a fuggire e quindi additati come vigliacchi; abbattimento dell’amministrazione comunale di sinistra, costretta di lì a qualche giorno a rassegnare le dimissioni. Lo scompaginamento delle file avversarie andò forse al di là di ogni pur ottimistica aspettativa. I socialisti avevano proclamato di voler difendere le loro roccaforti ad ogni costo e con ogni mezzo: invece erano bastati non più di una quarantina di fascisti per ridurli all’impotenza.

Il successo dell’azione squadrista fu quindi inequivocabile. Certo si giovò della sostanziale acquiescenza delle forze dell’ordine, che a Città di Castello, come in altre parti d’Italia, poco o nulla fecero per prevenire e reprimere la violenza fascista….

Il testo continua nell’allegato.