Ricordo di Carlo Liebknecht Panichi.
Lapide sul luogo della fucilazione.
Scheda partigiana di Domenico Ricci.

Il rastrellamento sull’Alpe della Luna

All’inizio di giugno una operazione repressiva nazi-fascista investì il territorio appenninico a oriente del Tevere. La morsa si strinse attorno alle montagne tra l’Alta Valle del Tevere e la Valle del Metauro, per intrappolare il 2° battaglione della Brigata Garibaldi “Pesaro” e la banda Panichi, allora dislocati tra Sestino e l’Alpe della Luna, e la banda Francini che gravitava su Sansepolcro. Troppo pericolosa era, per i tedeschi, una tale concentrazione di partigiani in grado di ostacolare severamente il traffico sui valichi di Bocca Trabaria e di Viamaggio e di minacciare i lavori sulla Linea Gotica.

Dopo aver accerchiato questa vasta area dell’Appennino tosco-marchigiano, nelle prime ore del 3 giugno i nazi-fascisti si mossero da Pieve Santo Stefano, da Sestino, da Badia Tedalda e da Sansepolcro.

Il rastrellamento costò la vita a quattro giovani partigiani della Brigata Garibaldi “Pesaro”. Silvestro Ricci, diciannovenne di Montelabreve (Badia Tedalda), apparteneva al Distaccamento “Stalingrado” e stava raggiungendo la banda Francini. I tedeschi lo catturarono e lo fucilarono a Pian delle Capanne. Cadde in mano germanica in un bosco dell’Alpe della Luna e subì la sorte di Silvestro anche il fratello Domenico, di 21 anni, pure lui dello “Stalingrado”. Il padre dei Ricci, Diocleziano, venne a sapere della morte di Silvestro da Samuele Panichi – il cui figlio era stato fucilato nella stessa località – il 15 settembre di quell’anno. Si recò a Pian delle Capanne con una foto di Silvestro e i contadini del luogo gli indicarono dove loro stessi lo avevano seppellito.

Inoltre morì a Pian delle Capanne Carlo Liebknecht Panichi, figlio ventenne di Samuele, capo della banda marchigiana di Cantiano – collegata con la “Pesaro” – che da Panichi aveva preso il nome: tentava di avvertire i compagni dislocati sull’Alpe della Luna del sopraggiungere del rastrellamento. L’altra vittima della repressione tedesca fu Pasquale Alienati, di 23 anni, già partigiano della “Pesaro” e da pochi giorni aggregato alla “Francini: era stato inviato a ritirare armi ed esplosivo presso il comando della “Pio Borri” a Monte Favalto e fu catturato mentre tornava con un mulo carico di materiale.

Per sfuggire al rastrellamento, il grosso della Brigata Garibaldi “Pesaro” cercò una via di fuga verso Bocca Trabaria e Parchiule (Borgo Pace). Tra Montelabreve e Serra di Battiroli i partigiani marchigiani e slavi furono impegnati dai nazi-fascisti in un duro scontro. Riuscirono a sfuggire all’accerchiamento frazionandosi in piccoli gruppi. Dopo essersi raggruppati al passo della Guinza, tornarono nella zona tra Apecchio, Serravalle di Carda e Piobbico.

 

Per il testo integrale, con le note e la fonte delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.