Luogo della fucilazione dei partigiani in loc. Condotto.
Ricordo di Agostino Bucciovini.
Osvaldo Ottolenghi
Motivazione della medaglia di bronzo a Ottolenghi.
Morton Perez

Il rastrellamento del 3-6 giugno 1944 sull’Alpe della Luna

Circa tre settimane dopo il rastrellamento sull’Alpe di Catenaia, all’inizio di giugno 1944 una nuova operazione repressiva nazi-fascista investì il territorio appenninico a oriente del Tevere. La morsa si strinse attorno alle montagne tra l’Alta Valle del Tevere e la Valle del Metauro, per intrappolare il 2° battaglione della Brigata Garibaldi “Pesaro” e la banda Panichi, allora dislocati tra Sestino e l’Alpe della Luna, e la banda Francini che gravitava su Sansepolcro. Troppo pericolosa era, per i tedeschi, una tale concentrazione di partigiani in grado di ostacolare severamente il traffico sui valichi di Bocca Trabaria e di Viamaggio e di minacciare i lavori sulla Linea Gotica.

Dopo aver accerchiato questa vasta area dell’Appennino tosco-marchigiano, nelle prime ore del 3 giugno i nazi-fascisti si mossero da Pieve Santo Stefano, da Sestino, da Badia Tedalda e da Sansepolcro. Nel corso della notte i partigiani di guardia verso la Valtiberina si erano allarmati per un’inconsueta quantità di luci nel fondovalle. Diversi di essi si portarono quindi a un’altitudine più elevata, verso Monte Maggiore e Monte dei Frati, per una migliore difesa e per avere più facili vie di fuga. Invece una pattuglia appostata a Spinella, ignara del pericolo incombente, scese verso Montagna (Sansepolcro) e, intorno alle 7 del mattino, cadde in un agguato teso da militi fascisti in località Condotto. Morirono Osvaldo Ottolenghi Marri, operaio diciannovenne di Sansepolcro, e un compagno di nome Morton Perez, conosciuto come messicano, ma probabilmente statunitense di origine ispanica, ex-prigioniero di guerra evaso dal campo di internamento di Laterina. Due altri partigiani riuscirono a fuggire, ma Agostino Bucciovini, di 17 anni, ebbe la sventura di essere catturato e torturato; l’indomani lo uccisero e ne straziarono il corpo.

Il rastrellamento costò la vita nella stessa zona ad altri quattro giovani partigiani. Silvestro Ricci, diciannovenne di Montelabreve (Badia Tedalda), apparteneva al Distaccamento “Stalingrado” della Brigata Garibaldi “Pesaro” e stava raggiungendo la banda Francini. I tedeschi lo catturarono e lo fucilarono a Pian delle Capanne. Cadde in mano germanica in un bosco dell’Alpe della Luna e subì la sorte di Silvestro anche il fratello Domenico, di 21 anni, pure lui dello “Stalingrado”. Inoltre morì a Pian delle Capanne Carlo Liebknecht Panichi, figlio ventenne di Samuele, capo della banda marchigiana di Cantiano che da Panichi aveva preso il nome: tentava di avvertire i compagni dislocati sull’Alpe della Luna del sopraggiungere del rastrellamento. L’altra vittima della repressione tedesca fu Pasquale Alienati, di 23 anni, già partigiano della “Pesaro” e da pochi giorni aggregato alla “Francini: era stato inviato a ritirare armi ed esplosivo presso il comando della “Pio Borri” a Monte Favalto e fu catturato mentre tornava con un mulo carico di materiale. Si racconta che fu fucilato anche un disertore tedesco rimasto ignoto.

Il grosso della Brigata Garibaldi “Pesaro” cercò una via di fuga verso Bocca Trabaria e Parchiule (Borgo Pace). Tra Montelabreve e Serra di Battiroli i partigiani marchigiani e slavi furono impegnati dai nazi-fascisti in un duro scontro. Riuscirono a sfuggire all’accerchiamento frazionandosi in piccoli gruppi. Dopo essersi raggruppati al passo della Guinza, tornarono nella zona tra Apecchio, Serravalle di Carda e Piobbico.

Come già nel Pietralunghese poco tempo prima, anche sui monti della Valtiberina toscana il rastrellamento provocò un generale sbandamento dei partigiani e frenò l’aggressività della “Francini”. Quando, a metà giugno, Athos Fiordelli e Orlando Pucci ristabilirono i contatti con i compagni della banda, li trovarono “in un pessimo stato d’animo”, al punto che “nessuno, dopo lo scampato pericolo, voleva più combattere e rischiare di nuovo la pelle”. Nei più provati, la demoralizzazione si intrecciava con la convinzione che l’approssimarsi del fronte bellico rendeva ormai irrilevante il contributo della guerriglia partigiana.

In quel periodo tornarono nella zona Ermete Nannei (“Cinque”) e Sergio Lazzerini (“Trentasette”), i due sopravvissuti di Villa Santinelli. I contorni della vicenda sono tutt’altro che nitidi e, per quanto tramandano le poche fonti, di ardua comprensione. Entrambi erano stati arrestati dal Capo della Provincia di Perugia Armando Rocchi e sottoposti a interrogatorio. Che Nannei avesse fatto ai fascisti importanti rivelazioni per salvare la vita lo si dovette sospettare già nelle settimane successive: uno degli arrestati a Sansepolcro in seguito a tali rivelazioni, Cammillo Dindelli, si era trovato di fronte Nannei, in veste di accusatore, in un confronto nel carcere di Arezzo. Quando ancora i due erano in carcere, Nannei aveva ammesso allo stesso Lazzerini di aver tradito, “in un momento di esasperazione”, i compagni alla macchia e i patrioti di Sansepolcro. Poi entrambi si erano arruolati nella GNR per aver salva la vita, disertando di lì a pochi giorni. Nel suo Memoriale, Lazzerini è evasivo su come i due si siano successivamente ricongiunti alla banda sull’Alpe della Luna. L’estensore della prima relazione sull’attività della banda Francini, Claudio Longo, scrisse addirittura che Nannei il 16 giugno fece ritorno a Montevicchi in “divisa fascista avendo aderito alla repubblica”. Un’altra fonte diretta – Orlando Pucci – sosteneva che Nannei e Lazzerini, usciti di prigione, avevano costituito un’altra formazione nelle vicinanze, a Germagnano. Quando la “Francini” rimase senza comandante, per l’arresto di Leonardo Selvi, i suoi componenti invitarono ad assumerne la guida Lazzerini, “per quanto misteriosa fosse” – si legge nelle memorie di Pucci – “la sua scampata fucilazione a Villa Santinelli”. Con tale mossa intendevano anche isolare Nannei, sul quale nutriva gravi sospetti pure il comitato di liberazione provinciale aretino, al punto di averne a suo tempo ordinato l’eliminazione fisica. E alla uccisione di Nannei da parte dei compagni si sarebbe giunti davvero in quell’ultimo scorcio della lotta alla macchia, il 14 luglio a Montagna. Avrebbero voluto semplicemente disarmarlo e arrestarlo, ma avendo fatto fuoco nel tentativo di sottrarsi alla cattura, fu colpito a morte.

 

Partigiani caduti nel rastrellamento

Alienati Pasquale, di Acquisto, nato a Monte Santa Maria Tiberina il 2 settembre 1921, residente a Monterchi; partigiano della Brigata Garibaldi “Pesaro” dal 20 aprile 1944, poi della banda “Francini”, fucilato dai nazi-fascisti il 4 giugno 1944 a Pian delle Capanne (Pieve Santo Stefano).

Bucciovini Agostino, di Andrea, nato a Sansepolcro il 10 maggio 1927; partigiano dal 14 maggio 1944, nome di battaglia “Confusione”; fucilato a Pian delle Capanne (Pieve Santo Stefano)il 4 giugno 1944.

Ottolenghi Marri Osvaldo, nato a Città di Castello il 3 ottobre 1925, residente a Sansepolcro; facchino; partigiano della “Francini” dal 10 marzo 1944, nome di battaglia “Magiste”; fucilato il 3 giugno 1944 in loc. Condotto (Sansepolcro); medaglia di bronzo al valor militare alla memoria.

Panichi Carlo Liebnecht, detto “Lello”, di Samuele, nato a Cagli nel 1924, residente a Cagli, coniugato; partigiano combattente della Banda Panichi, aggregata alla Divisione Garibaldi “Pesaro”; fucilato dai nazi-fascisti il 3 giugno 1944 a Pian delle Capanne (Pieve Santo Stefano).

Perez Morton, nato nel 1918, conosciuto come “messicano”, ma forse cittadino ispanico degli Stati Uniti; già prigioniero di guerra a Laterina; partigiano nella “Francini” dal 15 aprile 1944; fucilato dai nazi-fascisti il 3 giugno 1944 in loc. Condotto (Sansepolcro).

Ricci Domenico, di Diocleziano, nato a Badia Tedalda il 13 marzo 1923, residente a Camerigioli di Sant’Angelo in Vado, colono, celibe; riconosciuto partigiano combattente della 5a Brigata Garibaldi “Pesaro”, Distaccamento Stalingrado, dal 6 aprile 1944; fucilato dai tedeschi a Monterano (Badia Tedalda) il 4 giugno 1944.

Ricci Silvestro, di Diocleziano, nato a Badia Tedalda il 1° febbraio 1925, residente a Calupaccino di Sant’Angelo in Vado; riconosciuto partigiano combattente della 5a Brigata Garibaldi “Pesaro”, Distaccamento Stalingrado, dal 6 aprile 1944, con il grado di ispettore organizzativo; fucilato dai tedeschi a Pian della Capanna il 4 giugno 1944.

 

Per il testo integrale, con le note e la fonte delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.