Il ponte nella pianta dell’abate Filippo Titi.
Disegno del ponte in epoca pontificia.
Il ponte negli anni '30.
Il ponte in ferro costruito dai britannici.
La ricostruzione.

Il ponte sul Tevere

In un’economia ancora fondamentalmente basata sulla scambio di prodotti tra città e campagna, i mercati settimanali e le fiere mantennero la loro tradizionale rilevanza commerciale e sociale, per l’occasione che offrivano alla popolazione del territorio di un rapporto costante con l’ambiente cittadino. Non a caso, i primi in­terventi urbanistici del consiglio comunale insediatosi dopo l’annessione di Città di Castello al Regno d’Italia furono diretti alla ricostruzione del malandato ponte sul Tevere e all’ampliamento dell’area del mercato del bestiame, posta fuori porta San Florido, alla sinistra del fiume.
Il problema del ponte si trascinava ormai da decenni. La sua struttura in legno, risalente al XVII secolo, necessitava di continue riparazioni. Nel 1859 Pio IX aveva riconosciuto l’urgenza di quest’opera, stanziando 5.000 scudi per 1′”indispensabile valico del Tevere”, da erogarsi al comune tifernate con sussidi governativi e provinciali.
Durante i rivolgimenti politici del 1860, le condizioni del ponte si aggravarono “per il passaggio continuo delle reali truppe e dei pesanti cariaggi delle medesime” e il pessimo stato dell’ultima impalcatura rese ormai pericoloso il transito. Co­sì, mentre si procedeva all’ennesimo restauro di emergenza, il consiglio co­munale deliberava, alla fine dello stesso anno, la costruzione del nuovo ponte in muratura, una sessantina di metri più a sud del vecchio. I lavori, appaltati nell’ottobre del 1861, si protrassero fino al 1864. Il ponte venne intitolato a Vittorio Emanuele II.
La seconda guerra mondiale fu fatale al ponte. I tedeschi lo minarono prima di ritirarsi definitivamente dalla città e gli Alleati – così come i tifernati, quando tornarono in città dopo il passaggio del fronte – si trovarono di fronte le sue macerie. Le truppe britanniche costruirono un primo passaggio provvisorio, che però fu travolto dalla prima consistente piena del fiume. In quell’autunno del 1944, per assicurare il transito da una sponda all’altra, bisognò ricorrere a un barcone che trasportava quattro persone per volta. Poi i britannici eressero un secondo ponte, in ferro.
Per veder ricostruire il nuovo – attuale – in muratura, i tifernati dovettero attendere il 1952.