Il dopoguerra Il laboratorio provvisorio costruito nell’immediato dopoguerra.

Il dopoguerra

I disagi dell’immediato dopoguerra rallentarono la ripresa dell’iniziativa culturale della Scuola, che acquisì nuova linfa quando Baldelli poté riassumerne la direzione. Nel 1946 si stamparono per le Edizioni dell’Angelo il Pierre Grassou di Balzac, tradotto dal francese da Raffaele de Cesare e illustrato con litografie di Mino Maccari, e L’anima del soldato di Joseph Conrad, tradotto da Carlo Dragoni e illustrato da litografie di Nemo Sarteanesi. Nello stesso anno gli eccidi compiuti durante il passaggio del fronte ispirarono la realizzazione di Orrori, con litografie di Aldo Riguccini e testo di Guido Piovene. Questi libri per bibliofili, prodotti in numero limitato di copie e, pur nella loro semplicità, di elevato pregio tipografico, consolidarono la fama della Scuola. Nel contempo valorizzavano quell’ambiente culturale di Città di Castello, ristretto ma vivo, nel quale convivevano giovani artisti come Nemo Sarteanesi e Aldo Riguccini, studiosi già affermati, come Carlo Dragoni, o all’inizio di una prestigiosa carriera, come il prof. Raffaele de Cesare e il filosofo Paolo Rossi, che curò il Trattato di metafisica di Voltaire, stampato dalla Scuola nel 1947. E attorno alla Scuola in quei primi anni del dopoguerra avrebbero gravitato il libraio ed editore Giuseppe Paci, presidente del consiglio di amministrazione e stimato animatore della cultura cittadina, e l’altro pittore Alvaro Sarteanesi; lo stesso Alberto Burri, poco tempo dopo, avrebbe mantenuto dei legami con essa, contribuendo a far sì che per un certo periodo stampasse “Arti visive”, la rivista della Fondazione Origine.

Di quanto allora fosse difficile per i dirigenti della Scuola e per gli artisti e gli intellettuali che la sostenevano dispiegare una efficace e feconda azione didattica e culturale fa fede la testimonianza di Giuseppe Paci, che proprio nel settembre del 1946 assunse la presidenza del nascente consiglio di amministrazione della Scuola: una memoria scritta nel 1960, quando essa si evolveva in Istituto Professionale di Stato per l’Industria e l’Artigianato. Paci definì la Scuola del dopoguerra “creatura anemica”, in un assoluto “stato di indigenza”, con una popolazione scolastica “insufficiente a giustificare la spesa ministeriale” e “una attrezzatura inadeguata alla educazione professionale”; insomma, “una Scuola destinata ad essere soppressa” – commentò Paci – “se la logica e la economia hanno una legge…”. Con il suo linguaggio colorito, il popolare libraio-editore, affermò: “In quel lontano settembre 1946, pur nella mia modestia, mi resi conto della gravità del problema e che per dar vita a questa creatura non valevano la passione e i sospiri, le carezze o i suffumigi. Ma ci voleva una buona balia campagnola che tirando fuori il seno generoso glielo ficcasse in bocca con la precisa intenzione del ‘bevi o affoghi’. E lo dissi al momento dell’insediamento di 14 anni fa. Se la nostra sarà amministrazione straordinaria, straordinaria spregiudicata, ci sto, altrimenti no. I miei colleghi veterani accettarono il mio punto di vista e il direttore Baldelli respirò a pieni polmoni”.  Da allora – concluse Paci – Baldelli ha potuto “agire, anche con poca, anche con punta ortodossia burocratica… ma ha regalato al Ministero della Pubblica Istruzione una scuola che può essere vanto anche in sede nazionale”.

La ricostruzione del clima di quell’epoca è opportuna per meglio comprendere il ruolo recitato dalla Scuola nello scenario economico e culturale della città. L’industria tipografica stentava a riprendere la piena produttività sia per gli ostacoli frapposti dalla carenza di comunicazioni – la ferrovia era stata completamente distrutta – e da una arretratezza tecnologica sempre più rilevante, sia perché il bombardamento del maggio 1944 aveva distrutto lo Stabilimento Lapi, che sarebbe tornato a vivere solo nel 1950.

Al fine di disciplinare e finalizzare al potenziamento della Scuola eventuali lavori conto terzi, nel 1947 fu costituita nel suo ambito l’Azienda Speciale di produzione industriale. Da quel momento si accettarono commesse che da un lato permettevano di far esercitare gli allievi in attività di elevato impegno professionale, dall’altro rendevano possibili degli utili da poter investire nella didattica e soprattutto nell’acquisizione di nuove attrezzature. Ciò si sarebbe concretizzato con il piano acquisti di metà degli anni ’50, quando lo Scuola si dotò di monotype, linotype e quindi di una macchina offset.

Sul finire degli anni ’40, pertanto, dal laboratorio della Scuola presero a uscire stampati di varia natura per committenti privati (biglietti da visita, partecipazioni di matrimonio, ricordi funebri, carte intestate e via dicendo). Alcune pubblicazioni  avevano un rilievo cittadino: il ricordo in memoria del conte Giulio Della Porta (1947); il libretto Il Palazzo Vecchio Bufalini e la storia del Circolo Tifernate, per il 75° dell’associazione tifernate (1948); la quarta edizione de La Bozza, il numero unico distribuito dalla Società dei Tipografi Tifernati per il Carnevale (1948); la prima guida turistica in assoluto, Città di Castello. Cenni storici su alcuni monumenti della città, con disegni di  Nemo Sarteanesi (1948); l’opuscolo per l’inaugurazione del lavori di ampliamento dell’Istituto Cieche Beata Margherita (1950). Vi fu inoltre una fitta produzione di biglietti di invito e avvisi per veglioni, avvenimenti sportivi, gite, concerti, mostre e attività ricreative commissionati da enti, partiti politici, istituti scolastici e associazioni cittadine.

Anche la Scuola contribuiva a vivacizzare la vita culturale. Nell’agosto del 1948 allestì alla Galleria dell’Angelo una Mostra d’Arte Grafica, esponendo lavori eseguiti dagli allievi, seguiti nel settore tipografico e litografico dagli insegnanti Nemo Sarteanesi e Giorgio Giorgi e dagli istruttori Elio Bianchini, Achille Tisti e Ferrer Spaccialbello, nella calcografia dal prof. Nunzio Gulino e nella xilografia dal prof. Alvaro Sarteanesi.

Intanto prendeva l’avvio una prolungata collaborazione con il ministero della Pubblica Istruzione per la pubblicazione di opere di natura didattica e burocratica. Si cominciò gli atti di un convegno tenuto a Portici (Orientamenti nel campo delle industrie agraria e Orientamento delle coltivazioni da pieno campo e delle colture ortensi in Italia, 1948) e Scuole ed istituti d’istruzione tecnica. Situazione al 1° dicembre 1950. La produzione di maggior impegno qualitativo riprese vigore con la stampa del Cantico di Frate Sole di San Francesco,  illustrato dalle litografie di Aldo Riguccini (1950). Ne era promotrice Edizioni dell’Angelo, che due anni dopo dette alle stampe, per i tipi della Scuola, Il duomo di Orvieto e l’architettura italiana del Duecento-Trecento,di Renzo Bonelli. Il direttore Baldelli non riuscì però a concretizzare tutti gli ambiziosi progetti che si era posto per la sua Edizioni dell’Angelo. Negli anni ’50 tentò anche di riproporre la casa editrice “Il solco”, il cui primo volume era stato nel 1947 il Trattato di metafisica di Voltaire curato da Paolo Rossi; ma nei laboratori della Scuola videro la luce solo i due volumi di Clotide Rometti, Sessant’anni di socialismo nell’Alta Umbria e in Italia (1954) e Lo stalinismo al bivio. Crisi del comunismo. Riforme urgenti (1956),  e l’opera di Antonio Berardi Semiologia clinica. Malattia del bambino (1954).