Padre Riziero D’Olimpio
La missione di padre Riziero in Equador.

I “Giovani per il Terzo Mondo” di Città di Castello

Nell’aprile del 1969 il padre comboniano Riziero D’Olimpio, missionario a Muisne in Equador, inviava al periodico cattolico tifernate “La Voce” una lettera colma di gratitudine per quanto gli era stato possibile realizzare grazie agli aiuti finanziari ricevuti da Città di Castello. Nella sua missione finalmente operava un laboratorio di taglio e cucito per giovani donne, costruito con i fondi ricevuti; la dotazione era ancora di sole tre macchine da cucire (ne abbisognavano una decina in più), tuttavia si trattava di un grande passo avanti per la povera gente del posto.

D’Olimpio aveva ricevuto 3 milioni e 400 mila lire – una bella cifra per l’epoca – dai Giovani per il Terzo Mondo di Città di Castello. Si trattava del frutto dei primo campo di lavoro estivo organizzato dall’associazione, nel settembre del 1968. Oggigiorno, per raccogliere fondi, sono abbastanza consuetudinari i campi di raccolta di materiale inutilizzato. All’epoca si trattò di una straordinaria novità.

L’“invenzione” dei Giovani per il Terzo Mondo richiama alla memoria soprattutto l’operato di tre giovani sacerdoti, ai cui ricordi abbiamo attinto per ricostruire i fatti: don Achille Rossi e don Paolino Trani, a quel tempo vice-parroci di San Pio e di San Domenico, e don Pietro Bartolini, parroco di Carpini. Si era in piena epoca conciliare. Nel 1967 l’enciclica Populorum Progressio di Paolo VI aveva invocato una particolare attenzione ai problemi sociali ed economici internazionali, soprattutto alla realtà dei paesi più poveri. I sacerdoti più sensibili colsero prontamente lo stimolo e avviarono iniziative di sensibilizzazione nelle loro parrocchie su quello che allora si chiamava Terzo Mondo.

Proprio nel 1967 don Pietro Bartolini partecipò con dei suoi giovani parrocchiani al grande campo internazionale di lavoro organizzato a Rimini dalla Comunità Emmaus dell’Abbè Pierre (1912-2007). Il famoso religioso francese stava stimolando i giovani a lavorare a favore dei poveri, producendo ricchezza da destinare ad essi con il recupero dei rifiuti riciclabili della società del benessere. Una scelta forte, che da un lato sottolineava le contraddizioni della “società dei consumi”, dall’altra chiedeva di raccogliere risorse finanziarie non con facili iniziative di beneficenza, bensì con un duro lavoro di testimonianza in mezzo alla popolazione.

Don Pietro condivise l’esperienza acquisita a Rimini con don Paolino e don Achille. Pensarono così di fare qualcosa di simile a Città di Castello nell’estate del 1968, coinvolgendo innanzitutto le loro parrocchie, ma estendendo la proposta a tutti i giovani tifernati. Il movimento Giovani per il Terzo Mondo nacque nella fase di organizzazione di questo primo campo di lavoro.

La nascente associazione non volle limitarsi a iniziative di solidarietà. C’era la consapevolezza che bisognava sì aiutare i poveri, ma anche rimuovere le cause della povertà. Quindi i campi di lavoro dovevano pure servire a far crescere la consapevolezza che la povertà dei paesi del Terzo Mondo dipendeva dallo sfruttamento al quale erano soggetti; e che non si poteva prescindere dal richiedere le scelte politiche ed economiche necessarie per rimuovere gli impedimenti al loro sviluppo.