Un momento della contestazione del “veglione della Croce Rossa”.

I contestatori e lo scenario politico

Chi erano dunque i giovani operai e studenti universitari e di scuola superiore che quella sera cercarono di interpretare “i segni di un mondo che cambia”? Alcuni gravitavano intorno al Partito Socialista di Unità Proletaria. Il PSIUP osteggiava l’alleanza tra Partito Socialista e Democrazia Cristiana allora al potere a livello nazionale con il governo di centro-sinistra e a livello locale con l’amministrazione guidata dal sindaco socialista Luigi Angelini; includeva, insieme a Fabio Peroni,  una significativa componente operaia che avrebbe recitato un ruolo importante nelle vicende sindacali del Lanificio Cecchi. Parteciparono inoltre giovani dell’Accademia Filodrammatica – ricordiamo Luciano Pacciarini e Angelo Zigrino –, che stavano maturando la costituzione di una nuova realtà associativa, il Teatro dei 90. Infine alcuni esponenti del movimento “Giovani per il Terzo Mondo”: dava voce ai fermenti innovativi del mondo cattolico che covavano soprattutto, ma non solo, nei gruppi parrocchiali di San Pio X, con don Achille Rossi, e di San Domenico, con don Paolino Trani.

Per capire a fondo quanto avvenne 50 anni fa sono comunque necessari alcuni richiami alle vicende dell’epoca. Sul piano nazionale, le occupazioni di università e istituti superiori stavano ponendo la questione della radicale riforma della scuola italiana. Mentre la tensione cresceva, il 2 dicembre 1968 la polizia sparò contro i braccianti in sciopero ad Avola (Sicilia), uccidendone due. A livello internazionale, l’apice della contestazione si era avuta con le manifestazioni del Maggio francese. L’anno era stato funestato dagli assassinii negli USA del leader del movimento per i diritti dei neri americani Martin Luther King e del candidato democratico alla presidenza Robert Kennedy. Inoltre il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam pareva assumere tinte ancora più fosche con la vittoria del repubblicano Richard Nixon nelle elezioni presidenziali. L’invasione della Cecoslovacchia da parte dei carri armati sovietici stava rendendo ancor più cupo lo scenario di “guerra fredda”. Il soffocamento della “primavera di Praga” e del “socialismo dal volto umano” promosso da Alexander Dubcek suscitava interrogativi angosciosi nei giovani di sinistra; il turbamento si sarebbe acuito con il suicidio di Jan Palach, che si dette fuoco per protestare contro l’invasione del suo paese proprio una settimana dopo la contestazione del ballo della Croce Rossa.

L’episodio dell’11 gennaio 1969 rivelò che anche a Città di Castello covava del fuoco sotto la cenere. Nonostante i suoi limiti, la manifestazione segnò un inequivocabile momento di rottura, specie a livello giovanile. Nell’assemblea che si tenne la sera stessa – mi ci intruppai anch’io – il Movimento Studentesco si confrontò sulle mosse successive da fare. Ricordo un’inebriante atmosfera idealistica e un caotico magma politico e ideologico. Il dado era tratto.