Fino alla prima guerra mondiale, non si registrarono molte variazioni toponomastiche. Nel 1917, il consiglio comunale volle onorare l’irredentista Guglielmo Oberdan e Cesare Battisti, dedicando loro, rispettivamente, via in Pareti e la parallela via Nuova.
Dieci anni dopo, il podestà Luigi Mignini appose una serie di denominazioni per ricordare la vittoria italiana nella Grande Guerra e personaggi che avevano contribuito ad elevare il prestigio della città. Così, la circonvallazione esterna da porta Santa Maria a porta Sant’Egidio divenne viale Vittorio Veneto, da porta Sant’Egidio a porta San Giacomo viale Armando Diaz, da porta San Giacomo a porta San Florido viale Nazario Sauro e, fino a porta Santa Maria, viale Leopoldo Franchetti. Quella interna, tra piazza Garibaldi e porta Santa Maria, fu dedicata a Francesco Crispi. Viale Giovane Italia mutò il nome in viale Raffaele De Cesare e la via intitolata prima del fascismo a Francisco Ferrer, anarchico spagnolo, andò a ricordare il pittore Luca Signorelli.
Nel 1931, il regime stabili che, per celebrare il suo primo decennio, ogni centro urbano avrebbe dovuto dare il nome di Roma a una via non secondaria: fu prescelto il tratto di via XI Settembre da piazza Vitelli a piazza Magherini Graziani. Quattro anni dopo, il breve tratto di strada tra corso Cavour e piazza Fanti prendeva il nome di via Adua.
Significativamente, nel 1939 si accentuò la caratterizzazione in senso fascista della toponomastica cittadina: “piazza di sotto” fu intitolata a Costanzo Ciano, via del Popolo ad Andrea Pacchioni, caduto in Spagna, e via dei Casceri divenne via XXVII Marzo, a ricordo della fondazione del Fascio tifernate e della distruzione della sede della Camera del Lavoro e del P.S.I., situate proprio in quella via.
Anche altri personaggi trovarono spazio nella toponomastica: a Marconi fu dedicata la parte superiore di via San Florido e a Scipione Lapi la strada esterna fu ufficiosamente chiamata via Fonte del Coppo.
Infine, si decideva la soppressione di via della Morte, prosecuzione di via del Borghesi, su espressa richiesta del Federale.
La modificazione più ad effetto realizzata dal fascismo locale avrebbe dovuto essere il cambiamento del nome stesso della città in Tiferno, ma le ripetute iniziative intraprese a partire dal 1934 non furono accolte positivamente dagli organi centrali.
Nei pochi mesi di vita del fascismo repubblicano tifernate, le autorità comunali vollero sottolineare l’avvenuta rottura con l’istituto monarchico, togliendo a Vittorio Emanuele II l’onore della dedica della principale via cittadina, che divenne corso della Repubblica. “Piazza di sotto” assunse la denominazione di piazza del Municipio.