Gli ospedali militari di Città di Castello

A beneficio dell’intera popolazione altotiberina, fu Città di Castello a fungere da importante centro di assistenza sanitaria per i militari feriti o malati. Divenne operativa per prima, con una disponibilità di 115 letti, la sezione militare di riserva dell’ospedale civile. Vi cominciarono ad affluire soldati dall’agosto del 1915. Da allora all’aprile del 1916 ne accolse più di mille.

In aggiunta all’ospedale militare di riserva, Città di Castello riuscì a dotarsi di un ospedale territoriale della Croce Rossa. Si trattò di una rilevante struttura assistenziale articolata in quattro stabili: il palazzo della Tela Umbra, offerto da Leopoldo Franchetti e fornito dal Comune di 100 letti; il palazzo Vitelli a Sant’Egidio, reso disponibile dalla principessa Isabella Boncompagni Rondinelli Vitelli, con 53 letti; l’edificio periferico del Pellagrosario, tra il sobborgo del Gorgone e il cimitero, con 36 letti; la Villa del Seminario, sulle colline a est della città, con un potenziale di 150 letti. Vi fu un ampio concorso di enti e privati per offrire finanziamenti e arredi per il funzionamento dell’ospedale.

Le strutture tifernati della C.R.I., autorizzate il 24 agosto 1915 per complessivi 200 posti letto, cominciarono a funzionare a settembre; il reparto per convalescenti di palazzo Vitelli a Sant’Egidio a novembre. Da allora fino al dicembre 1916 assistettero 1.285 soldati feriti o ammalati, in gran parte appartenenti all’Alta Valle del Tevere umbra e toscana e ai comuni limitrofi.

Per l’apertura di un ospedale territoriale, le autorità militari richiedevano l’apporto di volontariato locale a sostegno dell’opera del personale specializzato. Il comitato della Croce Rossa avviò subito un corso di preparazione per infermiere e infermieri, che abilitò 23 suoi soci.

Gli ospedali militari si calarono con successo nella realtà tifernate. Nell’agosto del 1915 li ispezionò, con una visita in incognito, la duchessa Elena d’Aosta, che rimase favorevolmente impressionata dagli ambienti e dalla qualità dell’assistenza. Anche il presidente della Croce Rossa, conte Della Sonaglia, ebbe modo di riconoscere che Città di Castello aveva lavorato “con zelo” e poteva “essere portata per esempio di operosità e di patriottismo”.

Giunse dunque come un fulmine a ciel sereno, all’inizio di dicembre 1916, l’ordine da Roma di chiudere immediatamente l’ospedale della C.R.I. Per una volta tanto Città di Castello seppe reagire compatta. Si mobilitarono tutti coloro che avevano a cuore le sorti della città. La pressione produsse l’effetto sperato e il provvedimento di chiusura fu ritirato.