Giovani alla macchia

La riorganizzazione dei fascisti e la minacciosa presenza dei tedeschi indussero alla massima cautela coloro che, tra il 25 luglio e l’8 settembre, avevano sbandierato le proprie convinzioni democratiche. La fuga dei renitenti al servizio di lavoro, per quanto estesa, si caratterizzò come una scelta personale di sopravvivenza e solo poche persone allora intuirono che i tanti giovani nascosti nelle montagne altotiberine, se organizzati e armati, avrebbero rappresentato potenziali nuclei di resistenza contro il nazi-fascismo.

Tale prospettiva non sembrò affatto assurda a Gabriotti. Sapeva di un gruppo di renitenti e disertori rifugiatisi a Ghironzo, un’altura lungo la valle del Nestore. Avevano con sé poche armi trafugate alla Scuola di Artiglieria e restavano in attesa degli eventi. Amico della famiglia Nicasi, che aveva due suoi giovani tra i fuggiaschi, Gabriotti concordò un appuntamento a Ghironzo. I ragazzi lo conoscevano, chi personalmente, chi di fama, e si sentirono inorgogliti per la visita. Non mancò una vena goliardica: si acquattarono dietro dei rovi e finsero di tendergli un agguato. Gabriotti li stupì per il sangue freddo; rimase impassibile e poi la buttò sul ridere. Un contadino del posto – anche lui conosceva bene il Cavaliere – volle preparare una bella pastasciutta per festeggiare l’insolito incontro. Trascorsero la mattinata parlando serenamente della situazione. Stare in mezzo a dei ribelli eccitò Gabriotti: li spinse a restare, dette suggerimenti su come nascondersi, approfondì gli argomenti propagandistici per incitare altre persone alla resistenza attiva, indicò i nomi delle famiglie di sicura fede antifascista. Disse di non temere alcun tradimento da parte dei contadini, la cui ostilità al regime era generalizzata, ma di non poter giurare sull’appoggio di tutti i proprietari e di altri benestanti. Parlò da vecchio ufficiale, elaborando strategie di guerriglia, ma anche da indomabile idealista; non si rendeva del tutto conto di avere a che fare con un gruppetto di sbandati senza mezzi né esperienza. Se ne tornò quindi in città promettendo di svolgere opera di coordinamento con altre bande e con gli antifascisti dei vicini centri.

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