Visita di autorità fasciste alla Fattoria.
Le maestranze porgono il saluto romano alle autorità; sulla destra, l'avv. Giulio Pierangeli.
Il gruppo dopolavoristico della Fattoria a un raduno interprovinciale.

Fattoria e fascismo

 

La Fattoria, cioè, avrebbe operato in stretta intesa con le articolazioni di un regime ormai consolidato, il cui sostegno del resto era essenziale per la vita stessa dell’azienda. Emblematico quanto avvenne proprio in quel periodo. Tutto il gruppo dirigenziale della Fattoria decise di prendere la tessera del Partito Nazionale Fascista, per eliminare possibili problemi nelle relazioni con le autorità politiche ed economiche e con il Monopolio di Stato. Di quale fosse in realtà l’orientamento politico di fondo di Rossi, Della Porta, Garinei e Pierangeli può far fede un rapporto riservato inviato al prefetto da un informatore tifernate: “È arcinoto che in città tutti i dirigenti di detta azienda, anche se iscritti al partito nel 1932, sono antifascisti e non vogliono sentire parlare di sindacati”.
Per quanto gelosi della propria autonomia di giudizio, quindi, i dirigenti della Fattoria mantennero rapporti di buon vicinato, talvolta assai ossequiosi, con quel regime fascista che, del resto, esibiva l’azienda come un fiore all’occhiello. Ma dovettero subire anche qualche ingerenza non del tutto gradita. Quando, nel 1939, la Commissione dei Nove, originariamente con funzioni prettamente consultive, affiancò i procuratori come organismo rappresentativo dei soci, le nomine giunsero dal Partito Fascista, con la raccomandazione del segretario politico Paolieri di approvare i nomi proposti: “rappresentano le varie categorie e sono ottimi fascisti e ottimi agrari”.
Nel 1939 la Fattoria ricevette la visita del prefetto Agostino Podestà. Vantò – citando dati dell’anno precedente – di avere una concessione di 675 ettari, divisi in circa 1.200 poderi, con una produzione di 16.300 quintali. I soci ammontavano a 348. Per il triennio 1940-1942 avrebbe visto estendere la superficie della concessione a 314,50 ettari coltivati a Kentucky e a 481,50 a Bright. Segno dei tempi, durante la guerra i due tipi di tabacco vennero più italianamente denominati Padano e Brillante Italia.
Nonostante il perdurare di un conflitto che gli osservatori più attenti vedevano gravido di pesanti e amare conseguenze, la Fattoria continuò a prosperare, attenta tuttavia in quel contesto a evitare sprechi, scelte improvvide e salti nel buio. Il 24 maggio 1943 la Commissione dei Nove espresse soddisfazione per lo stato dell’azienda: “La situazione economica appare floridissima”.