Alice Hallgarten Franchetti con gli allievi della scuola elementare della Montesca.
Alice nel parco della Villa Montesca.

Confronto sulla beneficenza

Era un periodo, breve per la verità, in cui il dibattito politico rifuggiva da toni di esasperata aggressività. I socialisti non mettevano più in dubbio la generosità di Franchetti verso i ceti meno abbienti. Vollero però ribadire i limiti di una beneficenza fine a se stessa. Quando Alice Hallgarten Franchetti fondò il Laboratorio Tela Umbra, “La Rivendicazione” scrisse: “Con tutta sincerità diciamo alla famiglia Franchetti – che non conosciamo personalmente e possiamo rispettare senza rinunciare alla nostra dignità -: ‘Se volete fare della beneficenza, fatela: ma che questa non sia elemosina sterile, che lenisce la miseria di un giorno: ma che questa sia fatta con criteri di continuità, dando vita a istituti indipendenti e nuovi di assistenza pubblica, di educazione civile’. E a chi mostra di plaudire alla beneficenza della famiglia Franchetti diciamo: ‘Se sincero è il vostro plauso, dimostratelo col fatto: del potere pubblico che è nelle vostre mani, degli istituti, che amministrate e dirigete, servitevi per eliminare per quanto sia possibile quelle miserie. Voi che avete ucciso la scuola operaia di disegno, quando il bisogno ne era più vivo e più sentito fra la classe operaia, ridatele vita, ampliandola e completandola. Voi che lodate la signora Franchetti, la quale in questi giorni ha fatto un pellegrinaggio per le case più luride e più sudicie degli indecenti vicoli della nostra città, date opera effettiva a che quelle casupole si distruggano col piccone e si costruiscano invece case operaie. […]. Voi che plaudite alla signora Franchetti che ha istituito scuole rurali, aprite nella campagna ignorante e analfabeta scuole elementari superiori e piccole biblioteche. Fino a quando le vostre parole saranno in aperto, quotidiano contrasto con i fatti, fino a quando tutta la vostra filantropia consisterà nel mantenere in vita le spilorce Cucine Economiche, abbiamo il diritto e il dovere di ripetervi che non meritate affatto la nostra stima’”.
Qualche settimana dopo, lo stesso periodico socialista si spinse al punto di ospitare un articolo che esaltava l’azione in campo sociale della moglie di Leopoldo Franchetti, definendola una “santa moderna”: “La signora Alice Franchetti, che pensa ad un’era di pace e di amore, a un concorde lavoro che porti nella nostra città quell’armonia d’intenti e di fini, atti a renderla prosperosa e ricca di agiatezza e di bene; la signora Franchetti, che non dispregia i tuguri; che con squisito e delicato sentire allieta le canizie dei vecchi del Ricovero di Mendicità coi sorrisi fanciulleschi delle orfane e degli scolari, recando un po’ di primavera nel loro misero inverno; che ingentilisce le madri, Ella che forse d’essere tale avrebbe la più grande aspirazione, con l’interessarsi ai loro figli; la signora Franchetti, che invece dell’elemosina umiliante e degradante, offre la nobiltà del lavoro; che si fa efficace propagandista dell’istruzione, e a chi l’avverte che questa è della vera polvere pirica nella questione sociale, risponde che preferisce piuttosto bruciarsi, che assistere alla miseria morale e intellettuale di un’anima; la signora Franchetti è una di queste sante moderne, e si ha il dovere di rispettarla e di ammirarla”.
Lo stesso articolista – Andrea Ferrari – volle ribadire l’avversità politica dei socialisti a Franchetti e al suo gruppo di potere locale: “[…] Il mio voto sarà contrario al deputato Franchetti, finché tacitamente e consapevolmente, con la sua influenza materiale e morale, rimarrà sostegno della cricca che spadroneggia a Città di Castello, dominando e impadronendosi di tutte le sorgenti della vita economica cittadina”. Era comunque finita l’epoca delle violente invettive e del sarcastico dileggio contro il barone.
Estratto, senza note, del saggio Le vicende politiche di Leopoldo Franchetti a Città di Castello, di Alvaro Tacchini, in Leopoldo e Alice Franchetti e il loro tempo, a cura di A. Tacchini e P. Pezzino, Petruzzi Editore, 2002.