Manifesto funebre a ricordo delle vittime di Sansecondo.
Vedute di Sansecondo.
Nazzareno Chialli
Lucia Mencaccini
Rosina Chialli
Il cippo eretto sul luogo del bombardamento.
Adele Pieracci

Il bombardamento di San Secondo

14 maggio 1944Sansecondo (Città di Castello). Una formazione di 16 velivoli P. 47D del 57° Fighter Group bombardò il tratto di ferrovia da Città di Castello a Trestina. Rimasero coinvolti anche gli adiacenti centri abitati. Alle ore 10.45, a Sansecondo, una bomba centrò un’abitazione. Si contarono 16 vittime e diversi feriti.

 

Vittime del bombardamento aereo

Chialli Rosa, di Francesco, nata il 21 giugno 1927 a Città di Castello, residente a San Secondo, casalinga.

Chialli Nazzareno, di Francesco, nato il 6 giugno 1929 a Città di Castello, residente a San Secondo.

Giornelli Luigi, di Paolo, nato il 25 luglio 1891 a Città di Castello, residente a San Secondo, agricoltore possidente, coniugato con Adalgisa Mencaccini.

Mencaccini Lucia, di Nazzareno, nata il 12 marzo 1914 a Città di Castello, residente a San Secondo, casalinga, nubile.

Monacelli Maddalena, di Luigi, nata a Gubbio il 3 gennaio 1871, residente a Umbertide, casalinga, vedova di Lorenzo Sarti.

Nevini Giuditta, nata a Sestino il 4 dicembre 1878, residente a Città di Castello, casalinga, coniugata con GioBatta Saberogi.

Pieracci Adele, di Angelo, nata a Città di Castello il 10 ottobre 1927, residente a San Secondo, casalinga.

Saberogi Adriana, di Pasquale, nata il 24 dicembre 1936 a Città di Castello, dove risiedeva.

Saberogi Aldo, di Carlo, nato il 9 settembre 1938 a Città di Castello, dove risiedeva.

Saberogi Elda, di Carlo, nata il 3 febbraio 1937 a Città di Castello, dove risiedeva.

Saberogi Gabriella, di Pasquale, nata il 30 ottobre 1938 a Città di Castello, dove risiedeva.

Saberogi GioBatta, di Luigi, nato a San Giustino il 12 giugno 1875, residente a Città di Castello, oste, coniugato con Giuditta Nevini.

Saberogi Luigi, di GioBatta, nato a San Giustino il 26 agosto 1904, residente a Città di Castello, autista, coniugato con Adele Bucci.

Saberogi Maria Gabriella, di Carlo, nata il 30 aprile 1941 a Città di Castello, dove risiedeva.

Saberogi Veronica, di Luigi, nata il 2 ottobre 1927 a Città di Castello, dove risiedeva, casalinga.

Sarti Vittoria, di Lorenzo, nata a Umbertide il 25 marzo 1908, residente a Città di Castello, casalinga, coniugata con Carlo Saberogi.

 

Testimonianze

Il parroco di San Secondo, don Silvio Palazzoli, ci ha lasciato una dettagliata testimonianza scritta del dramma che si abbatté sul paese:

Ad un tratto un apparecchio in picchiata, che descrivendo un giro viene dalla strada maestra, appare con velocità fantastica e passa quasi sopra la mia testa, chiamo alcune giovani poco discoste e raccomando di correre verso di me o di gettarsi a terra perché mi sembra che l’apparecchio sia sopra di loro. Esse intimorite corrono invece verso la casa vicina dove abita una loro compagna che vogliono salutare e che è uscita loro incontro e assieme si rifugiano nella cantina.

Cadono le prime due bombe sulla ferrovia e un istante dopo due bombe sulla casa dove si erano rifugiate le giovani. Una bomba prende in pieno la casa e la rade al suolo.

Ero a terra. Non ho, per grazia del Signore un solo attimo di esitazione. Mi alzo corro a prendere l’olio santo e corsa tra il polverone che si alzava, attraverso il campo. Faccio il giro delle macerie chiamando e cercando i feriti.

Ho terminato il giro e trovo la prima ferita grave: è la giovane Rossi Pia colpita alla testa. Do l’olio santo sub unica unctione e torno indietro cercando altri. Le persone che erano fuggite di casa cominciano ad alzarsi da terra e a piangere. Trovo la seconda ferita, è la Rosi Angela ved. Bacchi. A coloro che sono feriti e possono camminare avverto di recarsi a casa mia per le prime disinfezioni. Ancora nessuno sa dirmi se in casa vi fossero delle persone; solo la sign. Adalcisa Giornelli assicura che vi era suo marito, mi rendo subito conto che è impossibile trovarlo vivo.

Arrivano intanto le prime persone sul luogo, sto in ascolto e si sentono grida. Raccomando agli sventurati di non gridare che sono stati uditi e si organizzano i primi soccorsi.

Dopo 15 minuti circa appare da sotto le macerie la prima testa. È la giovane Giornelli Antonietta, figlia della proprietaria della casa, conserva una calma ammirabile. Da lei apprendo che le giovani invece di dare ascolto a me sono corse tutte in casa sua. Dice i nomi di quelle che si trovano sotto ed ho la prima sensazione di una strage.

Intanto da altra parte dell’abitazione altre grida. Mi si dice che tutta la famiglia Saberogi, numerosissima, sfollati da Città di Castello, si trovava in casa ed allora ho la certezza che le poche rovine sono un cimitero.

Si finisce di estrarre la giovane Giornelli Antonietta che è portata in casa mia, gravissima. Subito dopo appare la testa di Pieracci Delia morente. Il corpo già esanime di Mencaccini Lucia si estrae viva. Ancora ma con poche speranze di vita Chialli Rosina e subito dopo suo fratello Nazzareno. Dall’altra parte viene estratta Saberogi Eva con un bambino, la prima è gravissima.

Si estrae per ultima da dove erano le giovani Mancini Assunta, anch’essa calma e serena anzi faceta, fortunatamente in buoni condizioni, lamenta solo gravi dolori al braccio destro, anch’essa viene portata in casa mia”.

Sopravvissuta al bombardamento, Assunta Mancini si è a lungo dedicata all’opera di tener viva la memoria di quella terribile esperienza nei bambini della scuola elementare di San Secondo:

[…] tutto ci cadde addosso. Io subito pensai che da lì non sarei più uscita, anche perché mi sembrava impossibile liberarmi da tutte le macerie che mi bloccavano. Sentivo la gente rimasta lì sotto lamentarsi, poi all’improvviso scese un silenzio di tomba: capii che erano tutti morti. Non potevo nemmeno gridare per farmi sentire perché avevo la bocca completamente piena di polvere, fango e pezzetti di macerie. Respiravo con molta difficoltà. All’improvviso intravidi mio padre che, scavando un piccolo foro tra i massi, era riuscito a trovarmi. Subito cercò di tirarmi fuori, ma avevo una gamba incastrata sotto le macerie che mi erano crollate addosso. Allora andò a chiamare il medico e mi portarono un bicchiere d’acqua, ma non riuscivo né a parlare né a bere. Mio padre infilò un dito nella mia bocca e mi tolse tutto ciò che mi impediva di respirare. Bevvi il bicchiere d’acqua e finalmente riuscii a parlare. Dissi loro che con me c’erano otto ragazze, tutte ancora sotto le macerie. Iniziarono una spaventosa corsa contro il tempo: chi scavava di qua, chi di là, chi con le mani e chi con le pale. Ormai le speranze di vita per coloro che si trovavano lì sotto erano pochissime”.

 

Per il testo integrale, con le note e i riferimenti iconografici, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.