Francesco Milanesi in tarda età.

Il patriota Francesco Milanesi

Figura significativa della Carboneria tifernate fu il fabbro Francesco Milanesi. Siccome si tramanda che iniziò a militarvi da giovanissimo, dovrebbe esserne stato esponente sin dalla fine degli anni ’20. Vi crebbe in considerazione al punto da avere in affidamento il deposito delle armi e della corrispondenza segreta con i capi del movimento rivoluzionario italiano. Scrisse il notaio Ettore Cecchini:
“L’abitazione del Milanesi posta nel Palazzo già Vitelli, detto dell’Abbondanza, era il ritrovo di tutti i liberali; e siccome aveva due ingressi su due opposte strade, per cui transitava per abusiva servitù liberamente il pubblico, così senza destar sospetti qualche stanza di essa fu ben sovente adibita a Baracca, ossia a ritrovo dei Carbonari per i loro segreti Travagli, e a deposito di fucili, che religiosamente e sicuramente venivano conservati nascosti sotto mucchi di paglia”.
Milanesi apparteneva alla Vendita di Città di Castello. Il nucleo carbonaro di base prendeva appunto il nome di Vendita e i suoi affiliati si chiamavano Cugini. Un accorpamento di nuclei locali era coordinato da una Vendita Centrale, al di sopra della quale stavano una Alta Vendita e, infine, la Vendita Suprema. Le prime Vendite umbre dipendevano dall’Alta Vendita di Ancona.

Milanesi sarebbe uscito allo scoperto successivamente. Nei momenti più bui e sconfortanti, quando l’efficacia della repressione e la consapevolezza della vulnerabilità dello schieramento patriottico indussero a tornare nell’assoluta clandestinità, erano dirette anche a lui le missive segrete inviate dalle altre Vendite e dalla Vendita Superiore.

 

L’articolo è un estratto, privo delle note che corredano il testo di Alvaro Tacchini nel volume: Alvaro Tacchini – Antonella Lignani, “Il Risorgimento a Città di Castello” (Petruzzi Editore, Città di Castello 2010).