Tessera del Partito Popolare (1923).

Popolari e fascisti

Mentre si avvicinavano le elezioni politiche, nel P.P.I. continuarono a confrontarsi valutazioni diverse sul fenomeno fascista. L’editorialista Pierre di “Voce di Popolo” manifestò un atteggiamento di attenzione e di rispetto, definendolo una “reazione spontanea” e giustificata alla dilagante lotta di classe. I fascisti non parvero comunque tenere in gran conto l’apertura di credito di alcuni cattolici. Le intimidazioni squadriste che punteggiarono la campagna elettorale cominciarono infatti a prendere di mira anche i “popolari”, che avrebbero lamentato, con molta cautela in verità, diversi episodi di distruzione delle schede e di minacce ai rappresentanti ai seggi.

L’indiscriminata violenza dei fascisti dava ragione a quanti nel P.P.I. li guardavano con circospezione o con dichiarata ostilità. Tra di essi c’era Gabriotti, chiamato dal partito ad affiancare nella lista il deputato uscente Mario Cingolani. Il partito presentò Gabriotti con grande rilievo, sia per le sue responsabilità regionali che per le benemerenze di guerra. Il “capitano” tenne localmente diversi comizi insieme a Giuseppe Torrioli, presidente del circolo S. Florido e figura emergente del laicato cattolico, e al falegname Matteo Biagini. Ebbero anche la soddisfazione di riuscire a parlare in pubblico, primi cattolici a farlo!, nella “roccaforte rossa” di Lama.

Il risultato elettorale mantenne sostanzialmente inalterati i rapporti di forza a livello nazionale. In Umbria e a Città di Castello si verificò invece un vero e proprio terremoto politico. Il Blocco Nazionale ottenne la maggioranza assoluta e il P.S.I. uscì dalla prova considerevolmente ridimensionato. I “popolari” si attestarono sui livelli delle precedenti elezioni.

In una nuova offensiva squadrista, nella prima metà di giugno furono assassinati  l’operaio Ettore Tosti e il colono Filippo Tanzi. I cattolici compresero che si stava passando ogni limite.

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