Riconoscimento a Franchetti per l’impegno a combattere la pellagra.
Villa Franchetti alla Montesca.

Per la comunità tifernate

In quell’ultimo scorcio del secolo, Franchetti si rese più volte utile alla comunità tifernate. Un episodio è emblematico del suo carattere. Nel 1898 scoppiò un’agitazione dei contadini, che reclamarono il ribasso del prezzo del grano. La situazione si fece tesa e si temettero disordini. Franchetti tentò di calmare personalmente la folla. Non riuscendoci, prese l’iniziativa di mettere in vendita il suo grano al prezzo richiesto dai manifestanti. Sia il Municipio, sia altri privati si trovarono costretti a seguirne l’esempio. Un cospicuo numero di tifernati sottoscrissero un attestato – vi si legge – di “riconoscenza imperitura” a Franchetti per l’“esempio di filantropia illuminata e opportuna, filantropia di fatti e non di parole”.
Franchetti si era mosso per la comunità locale anche in precedenza. Nel 1887 aveva appoggiato la richiesta di Città di Castello di poter ospitare una guarnigione militare e aveva ottenuto la promessa dell’assegnazione di un reparto cavalleria “a stabile dimora” qualora fossero stati individuati “dei locali atti a tale scopo”. Il progetto non era andato in porto proprio perché un’ispezione militare aveva constatato la mancanza di una sede adatta. I buoni offici di Franchetti erano risultati vani anche nel 1895, quando per la prima volta, vanamente, i coltivatori di tabacco tifernati chiesero al ministero delle Finanze l’apertura di un magazzino di raccolta del prodotto a Città di Castello. Inoltre, dopo la disastrosa inondazione del 1896, Franchetti si era prodigato immediatamente per radunare una commissione di notabili, accertare l’entità dei danni e far pervenire i primi aiuti finanziari, che i tifernati considerarono comunque un’“inezia”.
Franchetti acquisì fama di personaggio carismatico, di larghe vedute, non settario. In un banchetto in suo onore, nel 1900, dovette spiegare ai sostenitori tifernati il perché della sua “ostinata e continua opposizione a tutti i ministeri succedutisi”. Lo giustificò per non aver egli trovato in essi – disse – “quella onestà, moralità, patriottismo necessario per ben guidare i destini della Nazione”; perciò egli si era trovato a votare assieme a oppositori con i quali dissentiva riguardo agli ideali politici e sociali, ma che condividevano con lui – sottolineò – “il desiderio di una amministrazione migliore, scevra dalla corruzione imperante”.
Estratto, senza note, del saggio Le vicende politiche di Leopoldo Franchetti a Città di Castello, di Alvaro Tacchini, in Leopoldo e Alice Franchetti e il loro tempo, a cura di A. Tacchini e P. Pezzino, Petruzzi Editore, 2002.