Manifesto della giornata dedicata dal regime fascista alle scuole tecniche.
Posa della prima pietra della nuova sede con il ministro Bottai.
Lavori alla nuove sede di via San Bartolomeo.
Giorno di esami nella vecchia sede di Sant'Antonio.

Nella seconda guerra mondiale

Durante la seconda guerra mondiale si succedettero alla presidenza dell’Opera Pia “G. O. Bufalini” Dario Nicasi Dari, Furio Palazzeschi e Michelangelo Riccardini. Nel 1941 la Scuola Operaia offriva due corsi regolari triennali diurni per meccanici e falegnami, un corso serale di disegno e un corso preparatorio di disegno a San Giustino.

La frequenza ai corsi triennali era considerata “enorme rispetto alla disponibilità dei locali” e permetteva di ammettere solo un terzo di quanti facevano richiesta. Un allievo su tre proveniva dal territorio di Sangiustino. L’orario delle lezioni era ogni giorno 8.30-13, 14.20-16.30. Il sabato – il cosiddetto “sabato fascista” – era stato lasciato a disposizione dell’organizzazione giovanile del regime, la G.I.L., per l’addestramento militare e sportivo e per le iniziative politiche e propagandistiche.
Al corso serale di disegno e decorazione parteciparono un’ottantina di allievi. Dal 1939 passò sotto l’egida dell’Istituto Nazionale Fascista per l’Addestramento e il Perfezionamento dei Lavoratori dell’Industria, che ripropose anche il corso serale di disegno tecnico per meccanici, ebanisti ed edili, in precedenza soppresso per mancanza di fondi.
Il corso di San Giustino, infine, frequentato mediamente da 25 ragazzi, continuava a fornire una preparazione di base di disegno ornamentale e geometrico a quanti avrebbero poi proseguito l’istruzione professionale a Città di Castello.
Vi furono cambiamenti tra il personale docente di Città di Castello. In seguito alla morte di Marco Tullio Bendini, nel 1940, venne incaricato dell’insegnamento del disegno Alvaro Sarteanesi, sostituito, dopo la sua chiamata alle armi, dal fratello Nemo. Il richiamo alle armi di Giuseppe Busatti indusse a nominare aiuto-capi reparti due ex allievi della Scuola, Nazzareno Gambini e Francesco Marini, destinati a diventare colonne dell’insegnamento pratico alla “Bufalini” nel dopoguerra.
Per l’annoso problema dell’angustia dei locali si cominciò a prospettare una radicale soluzione costruendo una nuova sede nell’ex Orto di San Francesco, lungo Via San Bartolomeo. Per la posa della prima pietra, il 30 ottobre 1942, giunse in città il Ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai.
Nel gennaio 1944, con i primi bombardamenti, anche l’Alta Valle del Tevere divenne bersaglio di attacchi aerei. Allora la Scuola aveva 163 allievi. Tra un allarme aereo e l’altro, la frequenza si fece più saltuaria. Le lezioni vennero definitivamente sospese dopo il duro bombardamento aereo del 14 maggio. Poi la tragedia del passaggio del fronte, con i combattimenti in tutto il territorio e la sistematica opera di saccheggio e di distruzione perpetrata dall’esercito tedesco in ritirata.
Fortunatamente la Scuola Operaia non subì danni irreparabili. Rimasero pressoché illesi anche gli edifici scolastici in costruzione a Città di Castello e San Giustino. Riferì il consiglio di amministrazione: “I laboratori della Scuola sono stati oggetto di ripetuti svaligiamenti ed asportazioni ma grazie all’interessamento dello stesso direttore e di tutto il personale si era provveduto ad occultare macchine ed attrezzature di maggior valore […]”. Più gravi i danni all’azienda agraria di Santa Fista, sia per la devastazione delle colture, sia per le asportazioni di bestiame.
Tra enormi disagi, dunque, la Scuola avviò il nuovo anno scolastico il 15 ottobre. Mancava ancora la luce elettrica, la qual cosa impedì a lungo lo svolgimento dei corsi serali. Per i tanti allievi della “Bufalini” provenienti dalla campagna divenne problematico raggiungere la sede: tutti i ponti erano stati minati dai tedeschi e venivano ricostruiti a poco a poco, anche con mezzi di fortuna; mancavano pure le biciclette, trafugate in gran quantità dai soldati in ritirata.