Manifesti per l’arruolamento di volontari al comando di Garibaldi alla vigilia della terza guerra di indipendenza.
Giuseppe Garibaldi (1863).

Mobilitazione garibaldina

Nell’estate del 1867 l’ambiente patriottico di Città di Castello era ancora in fermento. Un attivissimo Garibaldi stava predisponendo un piano per invadere il residuo territorio pontificio e occupare Roma. L’occasione sembrava propizia perché dal dicembre del 1866 la città non era più presidiata dalle truppe francesi, in esecuzione di un accordo bilaterale con il regno d’Italia che si impegnava a rispettare l’indipendenza dello Stato della Chiesa. Inoltre la popolarità di Garibaldi, per i suoi successi nella terza guerra di indipendenza, cresceva ancora e migliaia di italiani erano pronti a seguirlo armi alla mano.
La strategia di Garibaldi mirava a conquistare con un corpo di volontari posizioni strategiche alle porte di Roma, per poi puntare sulla città, dove contestualmente doveva scoppiare un’insurrezione. La mobilitazione garibaldina, anche perché clandestina, fu in effetti straordinaria. Alla spicciolata un gran numero di volontari accorse verso il confine con lo Stato della Chiesa. Una corrispondenza da Orvieto della “Gazzetta dell’Umbria” riferiva: “[…] a saputa di tutti ogni giorno o per strada ferrata o per altro mezzo vanno giovani nel Pontificio, dove sono state introdotte camicie rosse ed armi in casse da mercanzie”. A nulla giovarono, secondo il giornale, le pur attente perquisizioni attuate dalle truppe italiane che presidiavano il confine.
L’impresa parve abortire il 24 settembre, quando Garibaldi venne arrestato a Sinalunga mentre stava raggiungendo i suoi uomini. Tuttavia il trasferirlo nella fortezza di Alessandria, per poi confinarlo a Caprera, non produsse altro risultato che eccitare ancor più l’opinione pubblica a risolvere definitivamente la Questione Romana.
All’inizio di ottobre i primi reparti di volontari entrarono nello Stato pontificio e si batterono con successo contro le truppe del papa, consolidando le posizioni e attendendo rinforzi e l’arrivo di Garibaldi. Questi fuggì da Caprera il 15 ottobre e il 22 riuscì a congiungersi a Passo Corese con i reparti comandati dal figlio Menotti.
L’articolo è un estratto, privo delle note che corredano il testo di Alvaro Tacchini nel volume: Alvaro Tacchini – Antonella Lignani, “Il Risorgimento a Città di Castello” (Petruzzi Editore, Città di Castello 2010).