Espansione dell’industria del mobile in stile nella zona industriale.

Mobile in stile e competenze artigianali

A fianco dei falegnami, sempre nel quartiere del Prato, in quegli anni videro la luce al­tre piccole botteghe che li rifornivano di componenti necessarie all’opera di restauro e di fabbricazione di mobili in stile o che, nell’ambito dello stesso settore artigianale, svolgeva­no particolari e autonome fasi di lavorazione. Il primo laboratorio tifernate di doratura del dopoguerra lo aprì casualmente Livio Dalla Ragione in via dei Cavalieri: si dilettava di pittura e, lì nel suo studio, volle imparare a co­struire da sé le cornici per i quadri. Dopo un po’ prese a produrne anche per altri e, d’intesa con Sisi, a dedicarsi al restauro di superfici do­rate. Non aveva precedente esperienza al ri­guardo, né in città vi era allora chi potesse in­segnare il mestiere: Dalla Ragione imparò quindi a dorare “rubando con gli occhi” i se­greti di qualche artigiano fiorentino che an­dava a visitare e sforzandosi di mettere in pratica i procedimenti letti in vecchi testi. Nella sua bottega si formò Lisimaco Bioli, detto “Chico”, che poi procedette per conto proprio a pochi passi di distanza, all’imbocco di via dell’Ariento, diventando doratore di fiducia di Sisi. Dopo di lui, Livio prese con sé un altro apprendista, Giulio Cerrini. Tanta era la richiesta di lavori di doratura che questi, talvolta, di buon mattino, prima ancora di aprir bottega, andava a dare una mano ai Fodaroni; non di ra­do doveva recarsi in lontane chiese di campagna per il restauro sul luogo di grandi cornici [1]. A Dalla Ragione si affiancò poi Giuseppe Petruzzi, già apprendista in botteghe di falegnameria; anche lui, di lì a poco, aprì una propria attività. Da loro apprese i primi rudimenti Elsa Fodaroni, pure ella presto audacemente attratta dalla prospettiva di lavorare in totale autonomia…

 

Il testo continua nell’allegato.