Siro Rosseti
Il volume che ricostruisce la storia del movimento partigiano aretino.

L’organizzazione della Brigata “Pio Borri”

Nel suo diario, Aldo Donnini – a lungo impegnato tra Monte Favalto e la valle del Nestoro per animare e raccordare gli uomini alla macchia – ricorda che il 13 aprile 1944 raggiunse l’Alpe di Catenaia, dove si svolse un incontro con i capi-banda, incluso “Tifone”, per progettare il futuro del movimento partigiano sull’Appennino toscano. L’emergere di opinioni e strategie diverse vanificò l’ambizione del comandante militare della Resistenza aretina Siro Rosseti e dello stesso Donnini di “creare un’unica organizzazione sotto un unico comando”. Il frustrante esito dell’incontro quasi indusse Rosseti a trasferirsi al nord; ma Donnini insistette per tener viva la prospettiva, in virtù dei proficui legami che aveva già intessuto con gli antifascisti della zona e con le bande di Morra, di Monte Santa Maria Tiberina e del Cortonese.

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La costituzione formale della 23a Brigata partigiana “Pio Borri” avvenne il 25 maggio 1944. A ciò approdava un prolungato confronto fra le varie anime della Resistenza, che comportava anche scelte strategiche e organizzative diverse. Anche se tali aspetti necessitano di ulteriori indagini, pare assodato che finì con il prevalere l’opinione di quanti, invece di considerare prioritaria la liberazione di Arezzo e quindi far convergere ogni sforzo verso tale obbiettivo, chiedevano di esercitare una forte pressione partigiana in tutte le zone dove le bande si erano insediate. Tale indirizzo operativo facilitò l’adesione alla brigata delle formazioni altotiberine: infatti, pur accettando sin dalla fine di novembre del 1943 di raccordarsi nel “Raggruppamento Patrioti” intitolato allo studente universitario Pio Borri, il primo partigiano caduto nell’Aretino, avevano sempre rimarcato la loro volontà di mantenere una forte autonomia.

Per quanto riguarda l’Alta Valle del Tevere, dunque, la riorganizzazione del movimento partigiano aretino portò semplicemente a formalizzare e a dare un inquadramento più appropriatamente militare alla rete di bande che già esistevano. Quelle operanti sul versante altotiberino dell’Alpe di Catenaia e nella zona tra Arezzo, Montedoglio e Pieve Santo Stefano andarono così a costituire il 1° battaglione della Brigata “Pio Borri”. La formazione di Arioldi ne divenne la 2a compagnia; gli slavi la Compagnia Comando, o Distaccamento Lubiana. Tuttavia a livello popolare questi gruppi continuarono a essere identificati con i nomi dei loro capi e, nel caso del “Lubiana”, come “banda degli slavi”. Il 2° battaglione incluse le formazioni attive tra il versante orientale dell’Appennino cortonese, la valle del Nestoro, Monte Favalto e Città di Castello, tra cui quelle di Monte Santa Maria Tiberina, di Badia Petroia e di Morra. Poi vi erano le bande aggregate, definite “esterne”, come la “Francini” di Sansepolcro, che formalmente andarono a costituire la 24a Brigata della Divisione Partigiani “Arezzo”. Vani, invece, sarebbero risultati i tentativi di stabilire un collegamento operativo con la banda del “Russo” nell’Anghiarese. Il comando di Brigata, ancora affidato a Siro Rosseti, fu posto a Marzana, a oriente di Monte Favalto. Vi si allestì anche un ospedaletto da campo, utilizzando due grandi stanze, una cucina e il magazzino della fattoria agricola. Lo diresse il dottor Herbert Gottschalk, da tempo messosi a disposizione. Lo coadiuvò la moglie Irene Rocca, che era infermiera. Poi all’ospedaletto sarebbe stato affiancato anche un campo di concentramento per custodirvi i tedeschi e i fascisti catturati. Lo gestì soprattutto Piero Sadun. Sia Gottschalk che Sadun erano perseguitati politici dal fascismo. Al rifornimento del campo di prigionia e ospedaletto di Marzana pensava Eugenio Calò, ebreo come Sadun. Gli internati a Marzana vennero trattati nel rispetto del diritti garantiti dalle convenzioni internazionali. Nel contempo la padronanza della lingua tedesca da parte di Gottschalk rese possibile acquisire importanti informazioni dai prigionieri.

 

Per il testo integrale, con le note e la fonte delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.