Via XI Settembre dopo la demolizione degli edifici addossati al monastero sulla destra.
La via nella pianta dell'abate Titi: da sinistra, la chiesa di Sant'Egidio, il monastero di San Benedetto e la torre addossata al monastero.
Gli edifici da demolire e ristrutturare: a sinistra quelli del monastero; a destra il monastero di San Benedetto.

La rettificazione di via Cavour

Un altro degli interventi urbanistici ritenuti urgenti dalle prime amministrazio­ni post-unitarie riguardava l’allargamento dell’attuale via Angeloni, a quel tempo via Cavour, presso la chiesa di Sant’Egidio. Vi era una lunga strozzatura tra le odier­ne piazze Magherini Graziani e Raffaello Sanzio. Scendendo verso il quartiere San Giacomo, oltre la chiesa di Sant’Egidio, sulla sinistra si trovava il monastero di San Benedetto, distaccato di soli m. 3,40 dalla facciata di fronte.
Nel redigere il proget­to di ampliamento, l’ing. Baldeschi sottolineò i problemi arrecati da questa stroz­zatura: “[…] non si presta al libero scambio di veicoli ed ivi non di rado avvengono degli inconvenienti, attesoché i conduttori di quelli, impediti dalla tortuosità della via, non giungono in tempo ad arrestare i loro legni”. Lo stesso muro del monaste­ro era definito “informe e pericolante”.
La demolizione della facciata del monastero, con l’allargamento della via da un metro ad un metro e mezzo, fu attuato nel 1862. Parve subito chiaro, però, che si sarebbero ottenuti risultati soddisfacenti solo mettendo mano anche ai restanti tratti angusti.
Su incarico del comune, l’ing. Scipione Lapi progettò una consistente rettificazione della strada, prevedendo un leggero taglio della stessa chiesa di Sant’Egidio, dei pa­lazzi appartenenti ad Andrea Lignani Marchesani e a Bonifazio Sabatini e la com­pleta demolizione di alcune case demaniali addossate al monastero di Santa Chiara e date in affitto a famiglie con basso reddito. L’ipotesi iniziale, redatta nel 1875, esclu­deva l’abbattimento dell’antica torre, detta “delle Murate”, che fiancheggiava le case demaniali. Queste ultime apparivano in pessimo stato e di pochissima solidità (“è uno sconcio vedere in una piazza ed in una delle strade principali delle luride casupole e pericolanti”, scrisse Lapi). Con la parziale demolizione, si sarebbe rea­lizzato un taglio in linea retta, raggiungendo una sezione stradale di oltre sette metri.
Trascorsero alcuni anni prima che gli inquilini abbandonassero le case dema­niali e si risolvesse il contenzioso aperto da Andrea Lignani Marchesani per l’e­sproprio di parte del suo palazzo. Infine, nel 1886, si decise l’attuazione del progetto, abbattendo anche l’antica torre per una più completa rettificazione e un più sod­disfacente ampliamento della visuale. Non si tagliò, invece, la chiesa di Sant’Egi­dio. Successivamente, fu lo stesso parroco a proporre l’atterramento della facciata e la sua ricostruzione in posizione più arretrata, ma il comune non ritenne oppor­tuno sobbarcarsi la nuova spesa.