Diploma per la Mostra disegnato da Marco Tullio Bendini.
Nasce il Consorzio.
Candelabro in ferro battuto.

La Mostra Retrospettiva del Ferro Battuto

La Mostra Retrospettiva del Ferro Battuto intese recuperare una tradizione artigianale che aveva avuto importanti artefici localmente, per stimolare la crescita artistica dei fabbri e nel contempo estendere il mercato per i loro manufatti. Oltre a esibire i pezzi più pregiati del passato, la Mostra raccolse nelle sale di Sant’Antonio le opere, per lo più realizzate per l’occasione, dei fabbri in attività, dei giovani apprendisti e degli allievi della Scuola Operaia.

Don Enrico Giovagnoli, attivo promotore della mostra, così ne descrisse alcuni aspetti: “Ecco la cassaforte di Samuele Falchi mirabile di congegni misteriosi, robusta, solida, polita; il candelabro dell’officina Montani che rivela nella fattura del fusto un gusto squisitamente quattrocentesco; i portalampade dei giovani Beccari e Moretti, opere ancora imprecise e troppo moderne, ma che sono già testimonianza di un’abilità non comune; lo scudo sbalzato di Gino Godioli, opera paziente, frutto di lungo studio e di tenace amore; il portafiori di Panemo Veschi; i candelabri giganteschi dell’officina Falchi e Beccari e del giovane Giuseppe Busatti, cui più della volontà mancò il tempo per dare all’opera meravigliosa di traforo e di sbalzo la compiuta sicurezza; opere tutte che stanno bene vicino ai picchiotti del compianto nostro fabbro e incisore [Giuseppe] Bianchi o ai bronzi di [Elmo] Palazzi, ambedue troppo presto rapiti alla storia della nostra arte paesana”.
La Mostra non si limitò a proporre manufatti in ferro battuto. Venne esposto il meglio dell’artigianato tifernate. Scrisse ancora Giovagnoli: “Fra i falegnami incisori e intagliatori, non mancano opere meravigliose: il tavolo intarsiato del capo officina della scuola Augusto Pellegrini elegante e solido nello stesso tempo, la specchiera a intaglio del [Romolo] Bartolini che sa trattare il legno con rara maestria, e vicino a queste maggiori le cornici intarsiate del giovane [Angiolo] Bruschi, ingegno versatile che sa ancora fabbricare violini di voce dolcissima […]. Oreste Gambuli ha ideato un elegante servizio in legno lucido per the, l’officina Vigna e Amantini degli splendidi mobili in malacca e giunco, una cassa armonica sobriamente intarsiata per grammofono […]”.
Anche la Scuola Operaia ha avuto il merito di mantenere in vita l’arte del ferro battuto. Un suo istruttore, Giuseppe Busatti, è stato un maestro nel settore. E proprio alla “Bufalini” gli allievi fabbri Renato Mastriforti e Oreste Grilli furono affascinati da quell’arte del ferro battuto che hanno praticato fino a pochi anni fa.