Cartelli di protesta durante la manifestazione.
Il volantino che annunciò la contestazione.

La contestazione del ballo a beneficio della Croce Rossa

“La beneficenza addormenta il problema”. Questo lo slogan scritto su uno dei cartelli poggiati all’ingresso della scalinata che porta al Circolo Tifernate, a Palazzo Vecchio Bufalini di Città di Castello. Lo slogan compendiava le ragioni della protesta inscenata da un gruppo di giovani tifernati 50 anni fa, la sera di sabato 11 gennaio 1969.

Nelle sale del Circolo si stava per svolgere una serata danzante per raccogliere fondi a sostegno della Croce Rossa Italiana. I manifestanti del Movimento Studentesco non ce l’avevano affatto con la benemerita Croce Rossa. Contestavano invece quel modo di fare beneficenza. Non consideravano  moralmente accettabile raccogliere soldi per i sofferenti divertendosi, con iniziative che non denunciavano le ingiustizie all’origine di tali sofferenze. Scrissero i contestatori nei loro comunicati: “È ridicolo divertirsi e sprecare a favore dei poveri”; “abbiamo voluto protestare contro un costume che offre beneficenza a chi chiede giustizia e unitamente contestare una forma di divertimento che serve a nascondere (e nascondersi) la realtà di una società che sfrutta ed opprime la persona”.

Si trattava del primo eclatante episodio di contestazione a Città di Castello. Poco tempo prima, il 7 dicembre 1968, il tifernate Mario Capanna era stato protagonista di una dura manifestazione di protesta davanti al Teatro alla Scala di Milano. Alcuni dei contestatori del ballo della Croce Rossa conoscevano bene Capanna: Pippo Mencarelli e Angelo Zigrino, suoi compagni di scuola al liceo classico di Città di Castello, mantenevano contatti con lui e conoscevano la maturazione culturale e politica che lo aveva portato a diventare uno dei leader nazionali del cosiddetto “Sessantotto”.

La manifestazione tifernate fu annunciata la sera precedente con un volantinaggio al Teatro Comunale, dove la compagnia del Teatro Stabile dell’Aquila mise in scena “Il malinteso” di Albert Camus. Quindi si sapeva che il ballo pro-Croce Rossa sarebbe stato contestato. Tuttavia quanti avevano in animo di andare al Circolo quella sera generalmente non ebbero timore di “sfidare” i contestatori. Li attendeva – raccontarono i giornali –  una festa “allegra e famigliare”, scandita dalle note del complesso musicale dei Los Trovadores e animata da signore per nulla disposte a rinunciare alla loro eleganza.

Fu una protesta assolutamente pacifica. Il corrispondente de «La Nazione» ammise che tutto si svolse “molto civilmente ed anche molto educatamente”, senza impensierire i carabinieri accorsi per tutelare l’ordine pubblico; chi si recava al Circolo visse solo l’imbarazzo di passare “in mezzo a mormorii, a qualche fischio, a qualche apprezzamento umoristico o sarcastico”. Pochi si fermarono a leggere i cartelli appoggiati ai muri e alla scalinata: “L’operaio dà il sangue, la borghesia fa la festa”, “Toilette L. 400.000, mensile operaio L. 50.000”, “Veglione dei ricchi per i ricchi”, “Operai e studenti uniti contro il capitalismo”, “Gli industriali milanesi sono capitalisti, i pezzenti locali (don Rodrigo) non ne assumino [sic] gli atteggiamenti”.

La contestazione durò un’oretta, durante la quale intorno al gruppo promotore si radunò una piccola folla di curiosi. Poi la manifestazione fu dichiarata conclusa, anche perché qualche “mormorio” divenne urlo, qualche testa si stava scaldando e non si volle correre il minimo rischio che l’evento degenerasse. Subito dopo il Movimento Studentesco si riunì in assemblea nella sede dell’Associazione Arte e Cultura, lì nel loggiato dove ora si situa l’ufficio dei vigili urbani.