La battaglia per la liberazione di Citerna.
I luoghi della battaglia.
Veduta di Citerna all'epoca.
Lapide a Monterchi in memoria di caduti alleati.
Pistrino dal colle di Citerna, in una foto dell'immediato dopoguerra.
Vedute di Pistrino.

La battaglia di Pistrino e la liberazione di Citerna e Monterchi

Dopo la liberazione di Città di Castello, per quanto si aprisse davanti alle forze alleate la possibilità di dilagare nell’intero bacino altotiberino settentrionale, l’obbiettivo strategico più immediato della 10adivisione indiana divennero l’occupazione di Anghiari e il controllo della strada della Libbia, che da Anghiari conduce verso l’Aretino. Tale scelta portava a considerare prioritaria la conquista dell’Alpe di Catenaia rispetto alla liberazione della parte più orientale della vallata, con Sansepolcro.

Di pari passo la 4adivisione continuava l’avanzata tra Citerna e l’Alpe di Poti, alla sinistra della 10a. Il pomeriggio del 13 luglio la 5brigata di fanteria indiana, incaricata di penetrare verso Monterchi, si era concentrata a sud di Monte Santa Maria Tiberina, aveva superato la 7brigata e aveva dato l’assalto a Pezzano. Ma i gurkha furono respinti. Pari difficoltà incontrarono i beluci a Cagnano, presa al tramonto del 15 luglio solo dopo che il nemico aveva abbandonato la posizione. Anche Pezzano fu presa in seguito al ritiro dei tedeschi, poco oltre la mezzanotte del giorno dopo. Per rafforzare il fronte divisionale, gli anglo-indiani portarono in prima linea sul crinale del torrente Erchi il battaglione Essex della 5abrigata. Secondo i piani alleati, la posizione dell’Essex doveva minacciare Monterchi e Citerna, “due centri gemelli che controllavano qualsiasi movimento nelle alture a nord-ovest”.

La linea difensiva germanica nella valle faceva perno su Pistrino, Monte Rotondo e Citerna, Monterchi e il fiume Cerfone: linea che a ovest si collegava a Monte Veriano e a Monte Castiglione, a est con le alture sopra San Giustino e la cresta di colline fino a Pietralunga, ancora sotto il controllo della 5aGebirgs-Division.

Il piano della 10adivisione indiana prevedeva l’attacco a Monte Rotondo da parte della 10abrigata e a Monterchi da parte della 20a, che avrebbe poi puntato su Anghiari attraverso Le Ville e Scoiano. A loro supporto vi erano i mezzi corazzati del 3° Hussars e del Wiltshire Yeomanry. Intanto la 25abrigata, con i carri armati del 12° Lancers e degli Skinner’s Horse, avrebbe coperto il fianco destro dello schieramento, a oriente del Tevere. In preparazione dell’attacco, i genieri avevano provveduto a rendere agibile la strada oltre Lerchi, con un lavoro reso assai rischioso dall’attività dell’artiglieria nemica sui colli soprastanti. Proprio mentre andava in ricognizione in jeep verso Citerna, il tenente Blade, della 10aIndian Divisional Engineers, fu ucciso con il suo autista dai cecchini tedeschi. Inoltre continuavano a fungere da spietato deterrente le mine germaniche. Una lapide nella piazza di Monterchi ricorda il sacrificio estremo di un ufficiale e di due soldati del reggimento Central Indian Horse, che persero la vita la notte del 23 luglio in un campo minato presso il podere di Casa Tocci, “mentre valorosamente cercavano di portare in salvo i loro colleghi feriti”; il tenente Graham Young e il soldato Ditto Ram furono insigniti della George Cross.

Sul fianco sinistro dello schieramento, il 24 luglio i gurkha della 20abrigata presero Lippiano, mentre l’8° Manchester raggiunse la zona di Ripoli. I due reparti continuarono la pressione contro la 44adivisione germanica, l’uno sulla destra, l’altro sulla sinistra. Il 25 luglio il Manchester occupava Le Ville, respingendo all’arma bianca un contrattacco tedesco. Intanto i gurkha riuscivano a penetrare a Monterchi, ma il rastrellamento dell’abitato e l’annientamento delle ultime sacche di resistenza sarebbe continuato anche il giorno dopo. Più a est, a difesa di Pistrino vi era il 3° battaglione del 721° reggimento della 114aJäger Division.

L’offensiva alleata iniziò alle ore 11 del 25 luglio. I carri del Wiltshire Yeomanry guadarono il Cerfone a nord-ovest di Lerchi, in direzione di Monte Rotondo. Dopo due ore quelli del 3° Hussars passarono il fiume e mossero verso Pistrino.

Le fonti britanniche sottolineano le difficoltà cui andarono incontro i reparti corazzati nello scenario naturale della valle. Il suolo ricco di coltivazioni e di vegetazione, con alberi da frutto e filari di vigneti, riduceva la visibilità a poche decine di metri. Anche i tanti fossi fornivano ai tedeschi prezioso riparo alla fanteria e alle postazioni anticarro. Tali caratteristiche del terreno impedivano un attacco frontale e deciso, costringevano a misurarsi con un nemico in agguato a poca distanza e davano spesso origine a combattimenti confusi. Inoltre incombeva minacciosa la presenza di mine. Di come i tedeschi le posizionavano fu testimone il pistrinese Rino Rossi: “Vengono fatte migliaia di piccole buche a distanza di tre metri l’una dall’altra disposte a scacchi per porvi le mine in alcune e nelle altre negative dei rottami di ferro”. Si trattava pertanto – scrisse il colonnello Heseltine – di “un territorio pericoloso per i carri armati” e l’avanzata non poteva che procedere lenta. Il pomeriggio di quel 25 luglio ci vollero più di due ore per coprire una distanza di circa due chilometri. Anche i fanti del 1° King’s Own furono inchiodati dal fuoco dell’artiglieria e delle mitragliatrici nemiche. Calata l’oscurità, gli anglo-indiani decisero dunque di riprendere l’attacco l’indomani.

Nella notte dal 25 al 26 luglio si scatenò la battaglia a Monte Rotondo, difeso strenuamente dalla 44adivisione germanica. Alle 7.30 del 26 luglio le truppe indiane si attestarono saldamente su quell’altura strategica e quattro ore dopo entravano a Citerna.

La caduta di Monte Rotondo e il conseguente rischio di rimanere in trappola indussero i tedeschi a evacuare prontamente anche Pistrino, assediata – secondo loro valutazioni – da 20 carri armati e da un battaglione di fanteria. Il 1° King’s Own e il 3° Hussars poterono quindi conquistare il paese senza ulteriori combattimenti. Li accolse verso le ore 13 del 26 luglio, agitando fazzoletti e un drappo bianco e offrendo fiaschi di vino, un gruppo di pistrinesi quasi increduli di essere sopravvissuti.

Gli uomini del posto ebbero subito la prova che di “liberatori” veramente si trattava. Nell’acquartierarsi a Pistrino, gli anglo-indianinon li costrinsero – come invece spesso facevano le truppe germaniche – a svolgere lavori di manovalanza. Scrisse in una sua memoria il falegname Igino Guerrieri: Piazzarono qua e là i loro uomini con cannoni e carri di vario genere […]. Prepararono da soli, senza l’aiuto dei civili, delle trincee scavando buche qua e là nel terreno”.

Alcuni retroscena della liberazione di Citerna li raccontò don Angelo Ascani. Le truppe indiane entrarono nel paese “tra il silenzio più cupo di una popolazione assonnata per il terrificante bombardamento durato tutta la notte”. Il comandante inglese convocò in Comune Ascani e altri citernesi, lamentandosi che i suoi soldati non fossero stati accolti festosamente. Gli fecero capire che la popolazione, sfinita, non aveva più la forza nemmeno per gioire.

Oltre alle vittime e alle sofferenze umane, un’altra grave ferita era stata inferta al patrimonio storico e monumentale del paese: tra le ore 11 e 12 del 16 luglio i tedeschi sono parole di Ascani – apposero un buon quantitativo di dinamite alla rocca principale del paese e la fecero saltare tra un fragore infernale, distruggendo così anche quel ricordo di antiche vittorie!”.

L’ultimo lembo del territorio citernese, con Fighille, fu raggiunto dagli anglo-indiani il 28 luglio. La gente del posto si trovò in mezzo al fuoco incrociato delle artiglierie. Scrisse il parroco don Emilio Pampaloni: Il villaggio di Fighille, composto di 16 famiglie (abitanti n. 76), fu cannoneggiato al mattino (verso le ore 10) dagli inglesi e alla sera (verso il tramontar del sole) del 27 luglio dai tedeschi, cui risposero gli inglesi, e la mattina del 28 (al sorger del sole) dai tedeschi”. Già la sera del 27 le truppe indiane si erano attestate sul colle del santuario di Petriolo, che sovrasta Fighille; proprio ai piedi dell’altura, nella località detta Burrone o Fondi di Ripa, aveva trovato rifugio parte della popolazione.

Durante il passaggio del fronte svolse opera benemerita nel Citernese il farmacista Nicola Rotondella, che in precedenza aveva animato un piccolo nucleo antifascista in contatto con Venanzio Gabriotti e gli altri oppositori tifernati. Gli stessi carabinieri avrebbero testimoniato che Rotondella, quando il medico condotto abbandonò il paese, prese a curare e assistere malati e feriti a ogni ora del giorno e a sprezzo del pericolo. Approfittava di questi suoi movimenti per informare la popolazione sulle ultime notizie, che attingeva da una radio clandestina nascosta in una casa a Vingone. Suscitò i sospetti dei tedeschi, che finirono con l’arrestarlo. Rischiò la fucilazione.

Un episodio avvenuto l’11 agosto 1944 rischiò di spargere ancora morte e distruzione nella zona. Sul colle di Citerna, nella casa dove si trovava il quartier generale di reggimento del 12° Lancers, fu scoperta una bomba a orologeria “che ticchettava allegramente nella cantina”. Piazzata dai tedeschi probabilmente il 21 luglio, avrebbe provocato una terrificante devastazione: “Era adagiata comodamente su un enorme cumulo di dinamite, sufficiente in quantità a far saltare non solo la casa, il quartier generale di reggimento e tutti i veicoli per diverse miglia in altezza, ma pure metà del fianco del monte”.

 

Per il testo integrale con le note e i riferimenti iconografici, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.