Particolare dell’elenco dei partigiani della banda Arioldi.

La banda di Arioldi

Sull’Alpe di Catenaia si insediò anche la formazione partigiana comandata da Arioldo Arioldi (nome di battaglia “Uno”). Documentazione ufficiale attesta che Arioldi ebbe l’incarico di costituirla dal comandante del “Raggruppamento Patrioti Pio Borri” Siro Rosseti, il quale gli mise a disposizione alcuni elementi delle bande dell’Alto Casentino. L’avvio della sua attività risalirebbe al 28 marzo. Ma dovrebbe trattarsi di una data indicativa. Infatti Arioldi, esponente della “Francini” di Sansepolcro, faceva parte del gruppo partigiano che occupò Villa Santinelli a San Pietro a Monte; riuscì a sottrarsi all’assedio dei fascisti nella notte dal 26 al 27 luglio e a raggiungere l’Alpe di Catenaia dopo un’avventurosa fuga. La nascita del suo gruppo è quindi probabile che sia un po’ successiva. Arioldi ebbe da subito con sé altri tre compagni di Sansepolcro (Spartaco Alessandrini, Carlo Canosci e Adriano Rinaldi) e alcuni capresani, tra cui Albano Meazzini, Enzo Meazzini e Primo Serafini. Entrò nella formazione anche il partigiano di Ponte alla Piera Francesco Ridolfi (“Cecchella”).

La formazione di Arioldi entrò in azione a metà aprile: tra il 15 e il 20 aprile provocò disturbi al traffico e interruzioni stradali presso Ponte alla Piera; inoltre catturò un militare tedesco e ne ferì altri due di passaggio su un sidecar. Poi, il 10 maggio si sarebbe impossessata di un automezzo germanico, con una mitragliatrice e 15 moschetti.

La banda di Arioldi operò molto sul versante casentinese dell’Alpe di Catenaia, nel territorio dei comuni di Subbiano, Chitignano e Chiusi della Verna. Nella formazione arrivarono ad aggregarsi 50 partigiani. Di essi, 22 erano aretini, 16 altotiberini. Il nucleo di Caprese Michelangelo si accrebbe alla fine di aprile, fino a comprendere undici unità (entrarono nella banda Bruno Fulini, Fosco Meazzini, Alfonso Serafini, Fedele e Virgilio Minelli).

Il battesimo del fuoco dei capresani fu il 1° giugno, in un impegnativo scontro presso Orzale contro tedeschi e fascisti appoggiati da due autoblinde. Come ebbe a scrivere Albano Meazzini, i capresani di quella formazione furono “totalmente partecipi della vasta azione di sabotaggio di tutto il Casentino”. Le azioni di guerriglia venivano in genere condotte da distaccamenti di una ventina di uomini e minuziosamente preparate: “Il giorno dell’attacco doveva essere preceduto da controlli sul luogo dell’imboscata per assicurarsi sempre la ritirata ed evitare i rastrellamenti dei tedeschi e dei fascisti”.

Dopo varie scaramucce contro i tedeschi, il 28 giugno l’“Arioldi” attaccò con successo una loro autocolonna presso Chitignano, lungo la strada per Chiusi della Verna. La banda, in quella circostanza quasi al completo, vantò l’uccisione di tre tedeschi, la cattura di quattro e la distruzione di una camionetta. Meazzini, che partecipò all’azione con altri sei compaesani, la considerò il loro impegno militare di maggior rilievo. L’indomani i tedeschi sorpresero una pattuglia partigiana intenta alla ricerca di vettovaglie a Molin del Buco, in comune di Subbiano; nello scontro a fuoco rimase ucciso l’aretino Giuseppe Grassini, comandante di plotone. L’attività di sabotaggio della “Arioldi” non subì però soste: il 30 giugno distrusse gli esplosivi immagazzinati nel polverificio di Chitignano.

 

Per il testo integrale, con le note e la fonte delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.