La locandina della Settimana Poligrafica.
Mostra della produzione delle tipografie nella Mostra dell'Artigianato del 1937.

Il Dopolavoro in epoca fascista

Il fascismo tifernate cercò di caratterizza­re in senso più patriottico la Società dei Tipografi, fondata precedentemente all’in­staurazione del regime e animata da un for­te spirito di autonomia. Non sfuggiva cer­to, a livello locale, l’importanza di eserci­tare una egemonia sul settore numericamen­te e politicamente più importante dei la­voratori. A livello nazionale, poi, lo stesso Mussolini aveva saputo adulare i tipografi con il suo famoso discorso alle maestranze dello Stabilimento Poligrafico dello Stato nel 1925: «Io considero i ti­pografi come facenti parte dell’aristocrazia del lavoro. Durante venti anni di giornali­smo ho sempre considerato i tipografi non come dei compagni ma come dei fratelli».
Ambizione dei fascisti era quella di costi­tuire un Dopolavoro Aziendale Tipografi­co, inquadrato nelle forze attive del regi­me. Iniziarono, così, una pressione, affin­ché l’«aristocrazia del lavoro» tifernate uscisse dalle «meschine strettoie della So­cietà dei Tipografi», ponendosi degli scopi più elevati: «[…] il divertimento e lo svago ci devono essere, specialmente quanto essi possono contribuire alla elevazione della cultura, come viaggi d’istruzione, o alla sa­lute fisica, come giochi sportivi e gite; ma in prima linea la nostra società deve mira­re ad elevare la classe ad una sempre maggiore comprensione della sua arte e a farla conoscere ed apprezzare». Con la costitu­zione del Dopolavoro Aziendale, dicevano i promotori, «potremmo avere una filodram­matica nostra, un concertino nostro, un jazz, un gruppo corale, che ad intervalli po­trebbero allietare noi e le nostre famiglie e supplire così alla mancanza, resasi ormai quasi totale, di pubblici spettacoli».
La partecipazione dei tipografi alle attivi­tà ricreative e culturali della città era già molto attiva, con un ruolo trainante soprat­tutto nella Filodrammatica, nella Filarmo­nica e nel canto corale. In campo teatrale, la Filodrammatica tifernate visse momenti di intensa attività fra le due guerre e rac­colse nell’ambiente tipografico molti ele­menti che, per varietà di interessi, passio­ne per la cultura e desiderio di contribuire alla vita sociale, emergevano a livello cit­tadino.
Il Dopolavoro Aziendale tipografico, venne ufficialmente costituito il 2 dicembre 1935; l’iscrizione era obbligatoria per tut­ti gli uomini appartenenti alle aziende ti­pografiche e veniva fatta d’ufficio dalle sin­gole tipografie. Le dipendenti delle azien­de non potevano associarsi, ma erano co­munque invitate a collaborare nelle varie manifestazioni che avevano luogo durante il tempo libero e il «sabato fascista».
Nel giugno del 1938, in occasione del 400° anniversario della stampa del primo libro a Città di Castello, il Dopolavoro Comu­nale e il Dopolavoro Interaziendale Poli­grafico promossero la «Settimana Poligra­fica Tifernate». Questo settore industria­le, con i 350 operai cui dava lavoro e le circa 1.350.000 lire in salari annui che di­stribuiva, sembrava aver ormai raggiunto la sua piena maturità. Nell’ambito della «Settimana Poligrafica» fu allestita, a cura di Gustavo Bioli, una «Rassegna del Libro Tifernate». Mentre 1’«Esposizione del Li­bro» del 1916 aveva avuto per lo più il ca­rattere di dimostrazione delle capacità pro­duttive delle industrie tifernati, la «Rasse­gna» per la prima volta ricostruiva l’evolu­zione storica delle varie tipografie, metten­do in mostra il materiale più significativo stampato nel corso della loro attività. La «Rassegna» fu anche l’occasione per un radu­no di tutti i poligrafici umbri e della vici­na Toscana e segnò per l’industria tipogra­fica di Città di Castello una forte presa di coscienza delle proprie radici storiche. Città di Castello si proponeva, quindi, come una piazza tipografica intenzionata a raccogliere il meglio delle proprie tradizioni, per co­niugare armonicamente le capacità produt­tive e le aspirazioni culturali del settore.