Il settimanale repubblicano fondato e sostenuto da Nicasi.
La censura subita da "Unione Popolare".

Giornali e politica

Nel 1885 Nicasi fondò a Città di Castello la Società Repubblicana “Pensiero e Azione”, che pubblicò il settimanale “La Scintilla” dall’agosto del 1885. Il battagliero e autorevole periodico, sostenuto in tutto da Nicasi, mantenne una periodicità costante fino all’ottobre 1887. Il suo successo si  rispecchiò nelle 600 copie di tiratura raggiunte nel gennaio del 1886 e nella sua affermazione a livello provinciale, con una redazione a Foligno.
Dopo lo scadente risultato delle elezioni del 1882, i democratici di Città di Castello trovarono il loro leader proprio in Giuseppe Nicasi. Questi favorì l’unità d’azione tra repubblicani e radicali, grazie alla quale le elezioni politiche del 1886 segnarono un primo significativo successo delle forze di sinistra, con l’elezione del radicale Odoardo Pantano. Fu però Leopoldo Franchetti il trionfatore di quelle elezioni: primo degli eletti nella lista dei ministeriali, raccolse a livello locale il 73,16% dei consensi.
Tre anni dopo Nicasi colse una brillante affermazione nelle elezioni amministrative, conducendo alla vittoria la lista repubblicana, radicale e democratica. Eletto sindaco il 19 novembre, non poté esercitare la carica per il rifiuto di giurare fedeltà al re e rimase semplice assessore.
Nelle elezioni politiche del 1895 Nicasi tentò di sbarrare il passo a Leopoldo Franchetti. Durante la campagna elettorale, si ritenne offeso da una corrispondenza dell’“Unione Liberale”, che lo definiva “un socialista sfruttatore dei suoi operai”. Mandò quindi i suoi padrini per sfidare a duello o l’autore dell’articolo, o il direttore del giornale. Siccome non accettarono la sfida, si propose Franchetti, adducendo il motivo che l’articolo era stato scritto in suo appoggio. Franchetti, conosciuto come “noto spadaccino”, ferì Nicasi alla spalla e al torace. In seguito i due avversari si sarebbero riconciliati. In quelle elezioni, Franchetti confermò la sua supremazia; Nicasi raccolse 840 voti, pari al 32,65% dei votanti.
Furono anni difficili per Nicasi. “La Rivendicazione” (14 agosto 1915) avrebbe rivelato che la borghesia reazionaria le tentò tutte pur di farlo tacere: “Così la sua casa venne più volte ma sempre infruttuosamente perquisita; così fu proposto in un periodo di reazione al domicilio coatto; così furono elevate contro di lui, dal libello perugino [“L’Unione Liberale”] e da altri consimili, le più sconce ed atroci diffamazioni contro tutto ciò che v’ha più di caro al mondo […]; così si arrivò persino a tentare contro il povero Beppino l’assassinio prima, il ricatto poi. Ma egli di fronte a queste lotte incivili, che misero a dura prova la saldezza del suo organismo fisico, non abiurò mai la propria fede e la mantenne sempre salda come un macigno”.
Nel settembre del 1900 Giuseppe Nicasi promosse un nuovo periodico a sostegno della lotta dei repubblicani e dei socialisti. Il settimanale aveva per titolo “Unione Popolare”. Fu Nicasi a finanziare l’impianto della tipografia che lo stampava. Ne lasciò la guida nel settembre del 1901. L’anno dopo, nelle elezioni provinciali di giugno, “Unione Popolare” contribuì al successo dei candidati delle liste popolari: insieme al repubblicano Giuseppe Nicasi (con 826 voti), entrò in consiglio provinciale il socialista Luca Sediari.
Nel 1904 e nel 1908 i partiti popolari tifernati avrebbero proposto senza successo a Nicasi di candidarsi per elezioni politiche; nel 1908 rinunciò per motivi di salute.
Nel 1905 Nicasi fu chiamato a presiedere la Congregazione di Carità. Si dimise però dopo qualche mese, in seguito alla sconfitta dei partiti popolari nelle elezioni amministrative di quell’anno.
Da allora la sua partecipazione alle vicende politiche locali divenne più saltuaria. Fu collaboratore occasionale, tra il 1910 e il 1911, del giornale anticlericale tifernate “Il Tafano”; nel 1912 ebbe la nomina a consigliere scolastico provinciale; l’anno successivo sostenne il radicale Ugo Patrizi nel vittorioso scontro elettorale che segnò l’uscita di scena di Leopoldo Franchetti.