Sin dalle prime settimane, Venanzio Gabriotti trovò a Faenza un clima politico non meno acceso di quello lasciato a Città di Castello. Lo scenario di Faenza, comunque, si differenziava notevolmente da quello tifernate. Le forze cattoliche erano infatti più combattive sul piano politico, con una presenza efficace e ramificata nella società, in particolar modo nelle campagne.
Gabriotti ebbe modo di integrarsi facilmente nel nuovo ambiente. Lo invitarono a tenere un incontro nell’ambito di un ciclo di conferenze sulla cultura femminile e vi lesse un suo studio sulla poetessa altotiberina Francesca Turina Bufalini.
Gabriotti tenne stretti rapporti con Nova Juventus e nei momenti di tempo libero si dette da fare con tenacia per diffonderne in Romagna le finalità ed i metodi. Gli sforzi non furono vani. Chiesero a lui di inaugurare il circolo Gioventù Nova di Brisighella proprio in riconoscimento del paziente lavoro preparatorio che aveva svolto in quel paese. Poco tempo dopo tenne il discorso inaugurale per la fondazione della società ginnastica “Vita” di Granarolo.
Venanzio tornava nella città natale ogni qualvolta ne aveva l’opportunità e fungeva da prezioso collegamento tra gli ambienti cattolici innovatori umbri e romagnoli. Le sue simpatie per il movimento cristiano sociale ebbero modo di palesarsi in occasione della festa della Democrazia Cristiana promossa dal circolo tifernate Nova Juventus.
L’intensificarsi dei rapporti tra le due città venne sancito dalla visita a Faenza di don Enrico Giovagnoli, che parlò sul tema “Rinascenza cristiana nel pensiero moderno”.
Gabriotti si dedicava con assiduità ed abnegazione all’educazione giovanile. La sua era una linea educativa tesa a responsabilizzare i giovani e nel contempo a garantir loro libertà di coscienza nella scelta degli strumenti per migliorare la società.
La sua insistenza sul valore dell’impegno politico traeva linfa anche dal quotidiano coinvolgimento nei conflitti del tempo. Assai acuto dovette apparirgli il livello di conflittualità nel faentino. Lo scontro era poi reso più complesso dall’aspra concorrenza fra organizzazioni sindacali e cooperative “bianche” e “rosse” e da evidenti contrasti interni all’ambiente cattolico.
Contribuì a trascinarlo in pieno campo di battaglia proprio l’incarico che ricopriva in seno all’Unione Faentina. La sue mansioni di prestigio (fu prima segretario della federazione delle Casse Rurali dei circondari di Faenza, Forlì e Lugo, poi dell’intera Romagna) implicavano l’assiduo sostegno alle forze cattoliche durante le campagne elettorali.
Il periodo di più acuta tensione politica coincise, nell’estate del 1908, con il punto di maggior prestigio raggiunto da Gabriotti in Romagna. A luglio il malcontento nelle campagne sfociò in disordini nei quali restò ucciso un bracciante. L’episodio accrebbe l’ostilità tra socialisti e cattolici e, all’interno di questi, tra la maggioranza moderata e i democratici cristiani.
Venanzio era diventato una figura pubblica di rilievo, stimata per la cultura, la spigliatezza di carattere e i solidi principi. Gli altri esponenti cattolici ne apprezzavano il ruolo e lo volevano spesso al loro fianco. Gli impegni professionali gli avevano dato l’opportunità di girare molto per la Romagna e di tessere una fitta rete di amicizie e conoscenze. Erano esperienze personali gratificanti; definì infatti i promotori delle Casse Rurali “oscuri apostoli”. Gabriotti si sentiva parte attiva di un movimento che cresceva ed apriva nuovi orizzonti di benessere e di giustizia.
L’estratto è una breve sintesi del testo in Venanzio Gabriotti e il suo tempo (Petruzzi Editore 1993).