Da Francesco a Biagio Donati

Francesco Donati morì a 81 anni, nel 1846. Cessò di vivere all’una del mattino dell’8 settembre, “dopo ricevuti i SS. Sagramenti della Confessione, Viatico, ed Estrema Unzione, raccomandata l’anima sua all’Onnipotente Iddio”. Fu tumulato nell'”insigne Chiesa Cattedrale”.
Il figlio Biagio lo aveva affiancato con elevate responsabilità ormai da lungo tempo. Doveva versare in soddisfacenti condizioni finanziarie; in quello stesso anno fu in grado di erogare un prestito di ben 236 scudi a un sacerdote, don GioBatta Bovara, al quale in precedenza aveva trasferito il “cambio di scudi 100 fruttifero in ragione dell’otto per cento” a suo tempo pattuito con il Laurenzi di Mucignano.
Alla fine del 1848 i tifernati perdevano il loro vescovo e Donati un prodigo collaboratore: moriva a Spoleto mons. Giovanni Muzi. Il nuovo vescovo, Letterio Turchi, fu molto attivo e un buon committente per Biagio Donati. Fece pubblicare le sue annuali Lettere pastorali al clero e al popolo diocesano, qualche sua omelia, i calendari liturgici e raccomandazioni religiose “alli chierici” e al suo gregge; continuò a dare rilievo alle premiazioni degli allievi del Seminario e del Liceo e non creò ostacoli alla riproposizione annuale delle pubbliche accademie dei Floridani
Durante il suo episcopato vide la luce la Cassa de’ Risparmi di Città di Castello. In essa Biagio Donati ebbe un cliente fisso in più. Fu lui a stamparne sin dall’inizio i “Conti Resi”. L’istituto di credito ordinò alla tipografia diverso altro lavoro: fece “impressionare” le lettere di invito per le assemblee, gli “specchi note delle cambiali”, gli “specchi stati per la situazione di cassa, i “fogli per i giornali d’introito ed esito” per il cassiere e per il registro delle cambiali, i “libretti per i settimanali depositi” e i buoni di cassa.
Biagio ereditò dal padre la committenza consolidata. Né mutarono le esigenze degli enti pubblici ed ecclesiastici, o quelle consuetudini civiche, religiose e famigliari che portavano a rivolgersi al tipografo. Per il Comune produceva stampati in continuazione. Ma tornò pure al pettino il problema della regolarizzazione del rapporto tra Comune e tipografia, che ancora occupava gli ambienti sopra la “Pesceria” senza pagare alcun affitto.
Altro lavoro venne a Biagio Donati dall’erigendo santuario di Canoscio. Fortemente voluto da padre Luigi Piccardini e progettato dall’ingegnere tifernate Giuseppe Baldeschi, ne fu posta la prima pietra nell’agosto del 1855. Tra il 1857 e il 1865 Donati stampò frequentemente avvisi di riunioni, lettere circolari ai “parrochi per l’equestue de’ cereali per la nuova chiesa”, ricevute di pagamenti, “inviti sagri vescovili” per la festa della Madonna e i cosiddetti “veli di Maria Santissima di Canoscio”, le sue immagini distribuite ai fedeli.

L’estratto è una breve sintesi del testo in A. Tacchini, La Grifani-Donati 1799-1999. Duecento anni di una tipografia (1999).