Lapi (con il cappello, sulla destra) a Montecatini. Si riconosce sulla sinistra Raffaele de Cesare.

Contro le trame ostili

Le prime copie dei Rerum videro finalmente la luce nel corso del mese di aprile. Il 1° maggio Carducci chiese a Lapi di inviare i primi due volumi stampati al marchese Alessandro Albicini e aggiunse: “Per il bene dell’edizione raccomando la spedizione sollecita dei primi fascicoli. Occorre che a questi ne faccia seguire altri; fatti egualmente bene, anzi benissimo. Senza interruzioni”.
Compiuta la stesura della prefazione, Lapi versò a Carducci 800 lire; in aggiunta all’anticipazione di 300 lire già pagata nel 1894, rappresentavano il compenso chiesto dal poeta.
Il sodalizio di Carducci con Lapi non finì lì. Proprio mentre uscivano i primi fascicoli, assunsero maggiore consistenza le trame ostili dell’Istituto Storico di Roma. Intervenne pure presso il ministero della Pubblica Istruzione, affinché il nuovo ministro Baccelli non riconfermasse alla ristampa dei Rerum il sostegno promesso dal predecessore Martini. Lapi fece presente la cosa a Carducci e, nel pregarlo di intervenire con tutta la sua autorevolezza, rivelò un retroscena di scorrettezze, invidie e rivalità. Merita riproporre alcuni passi della lettera di Lapi:
 “Fortunatamente se io ho la fama di un buon nome e di un galantuomo sono però, quando tratto gli affari, abbastanza accorto per non accontentarmi di parole. E quando il Martini mi promise l’aiuto del Ministero volli da lui un documento ufficiale protocollato e registrato con tutti i sigilli numeri e sacramenti. Quindi non ho paura e al bisogno andrò in Tribunale a farmi valere le mie ragioni. Ma mi dispiace di arrivare a questo anche perché mi pare che il paese o meglio il governo non ci farebbero una gran bella figura a farsi costringere a pagare per forza e per mano d’usciere poche lire, che non negano mai a pubblicazioni d’uomini politici, per aiutare un’opera che credo e mi dicono tutti fa onore all’arte tipografica e porta in fronte il nome di Giosuè Carducci. In tutto questo io non vedo che un lavorio di piccole malignità. […] Mi perdoni illustre professore questo sfogo. Credo che il ministro finirà col capire la ragione: ma in questo momento sono veramente indignato. E penso che a persuaderlo più presto gioverebbe una lettera o un biglietto suo a lui dove ella gli accennasse l’importanza della pubblicazione (dalla prefazione risulta, ma questa gente non legge la carta stampata se non quando canta lodi sue) e gli raccomandasse di aiutarla come il Martini aveva promesso. Son certo che ella vorrà farmi questo favore e saprà trovare la frase che punga il Divo Augusto, che lo muova a far quello che ogni mortale galantuomo, anche se non Divo, ama di fare, cioè pagar le cambiali senza farle protestare. Perdoni il disturbo che le do e voglia permettermi di aggiungere la preghiera di scrivere subito e d’inviare il biglietto a me, perché io sia certo di farglielo avere, in proprie mani, prima che vada a Napoli di nuovo a far la ruota o che qualcuno dei galantometti della sua coorte non faccia prender la strada dell’archivio il biglietto suo.
Perdoni di nuovo e attribuisca la mia domanda allo stato d’animo in cui mi trovo, io lavoratore onesto che ho creduto di far cosa buona e degna del mio paese, senza speranza o desiderio di lucro e mi trovo trattato come un volgare postulante di sussidi”  .
La presa di posizione di Carducci fu pronta e decisa. Scrisse al ministro: “Mi faccio vivo per raccomandare all’attenzione dell’E. V. con tutti i miei voti di Italiano la ristampa dei Rerum Italicarum Scriptores cui attende ora il Lapi ecc. ecc. Si contenti di leggere le parole con le quali chiusi la mia prefazione. Quella ristampa è come il compimento dell’Istituto Storico. Ogni singola parte è curata con nuovissimi studi: le vite dei Dogi del Snudo sono una rivelazione per la storia Veneziana. E sarebbe molto a dolere che opera così capitale per i nostri storici rinnovellante il Muratori, dovesse ritardare o languire per mancanza di aiuti. Ciò non può essere Ministro V. E. […]”.
Appena gli giunse in mano la lettera di Carducci per il ministro, un Lapi commosso ed eccitato s’affrettò a ringraziarlo: “Illustre professore, grazie, dal più profondo dell’animo, della fulminea sollecitudine e della stupenda lettera che farà da catapulta per demolire certe funeste rocche. A mezzogiorno il Ministro l’ha trovata in casa e spero che Fiorini mercoledì o giovedì le potrà raccontare il buon esito. Caro professore ho tanto bisogno che sia così per dedicarmi con minori preoccupazioni alla nostra impresa!”