Cernitrici del tabacco al lavoro nello stabilimento della Fattoria.
Bollettino per le tabacchine prodotto dalla Camera del Lavoro nel 1952.
Fase di cernita del tabacco alla fine degli anni '40.

Conquiste sindacali

 

Fino a tutto il 1947 vi fu un proficuo dialogo nei rapporti sindacali tra dirigenti della Fattoria e maestranze. Del resto i dipendenti apprezzavano sia il clima “famigliare” instaurato da Garinei, sia il palese impegno dell’azienda nel cercare di protrarre il più a lungo possibile il lavoro in magazzino, così da ridurre al minimo il periodo di disoccupazione stagionale. Silvio Antonini ebbe a riconoscere lo sforzo prodotto dalla Fattoria nel dopoguerra: “Bisogna dare atto che i dirigenti dimostrarono sollecitudine e tenacia nel far riprendere subito la via del lavoro allo stabilimento, ottenendo anche la cooperazione delle maestranze e dei loro rappresentanti”.
Il clima di unità sindacale favorì l’organizzazione di massa dei dipendenti e il raggiungimento di concrete conquiste. Alla fine del 1946 erano ben 923 i dipendenti della Fattoria e della “Garinei” di Trestina aderenti alla Camera del Lavoro tifernate. In quell’anno ottennero la qualifica di operai dell’industria, invece che di braccianti agricoli, beneficiando così di una normativa più favorevole specialmente nell’assistenza sanitaria. I lavoratori della Fattoria conseguirono il diritto di effettuare l’assemblea in fabbrica e si dotarono di una Commissione Interna che seppe rappresentarne proficuamente le istanze, in un sostanziale spirito di collaborazione con la dirigenza aziendale. Venivano concordate persino le riassunzioni del personale. La Commissione Interna aveva tale autorevolezza che il sindacato provinciale dei lavoratori del tabacco sorse nel novembre 1946 su sua iniziativa.
Proprio la crescita del movimento sindacale della categoria portò alla conquista del primo contratto collettivo nazionale, il 10 novembre 1947. Si trattò di un risultato di grande rilievo, tanto che le agitazioni degli anni successivi, a parte gli aspetti retributivi e la difesa del posto di lavoro, avrebbero mirato soprattutto a far applicare o a difendere quegli accordi. Vennero disciplinati il periodo di prova (non superiore a una settimana) e dell’apprendistato (al massimo di tre settimane). Nelle assunzioni si accordava la preferenza al personale che aveva prestato la sua opera nelle campagne precedenti; tuttavia tale norma non sarebbe stata sempre rispettata, perché due decreti di epoca fascista ancora in vigore autorizzavano i concessionari a formulare all’ufficio di collocamento richieste nominative di assunzione. Il contratto prevedeva inoltre l’orario di lavoro di 7 ore (ma si concordò a livello provinciale di mantenerlo di 8), il riconoscimento delle ferie e delle festività infrasettimanali, il trattamento previdenziale e normativo unico per tutte le maestranze, il divieto di occupare donne e ragazzi in lavori pesanti, mense aziendali, camere di allattamento per le operaie e condizioni igieniche che tutelassero la salute dei lavoratori. Venne inoltre sancito il divieto del cottimo e il riconoscimento del lavoro straordinario; norme che qualche anno dopo la Fattoria sarebbe stata accusata di violare, imponendo il cottimo con rigidi obbiettivi quantitativi e costringendo di fatto molte tabacchine a lavorare ore straordinarie senza retribuzione.
Il ruolo trainante dei lavoratori del tabacco umbri, i cui accordi a livello locale avevano ispirato la formulazione del contratto nazionale, portarono alla segreteria del sindacato nazionale di categoria Francesco Alunni Pierucci, allora segretario della Camera del Lavoro di Perugia, quindi deputato comunista e, dal 1952, sindaco di Città di Castello.