Cesare Sisi, Livio Dalla Ragione e l’attore Macario in una bottega del quartiere Prato.

Cesare Sisi e il mobile in stile

Ancor giovanissimo, Cesare Sisi venne a risiedere a Città di Castello da Ronciglione, centro del viterbese. Intorno al 1928 aprì un piccolo studio da pittore, dove prese a dipingere motivi decorativi su stoffe, borse e cusci­ni da salotto, cartelloni per cinema e stendar­di, iscrizioni pubblicitarie, decorazioni di ca­mere e salotti. Personaggio pratico ed ecletti­co, eseguì disegni per sarte e ricamatrici, scenografie per la Filodrammatica e per la Socie­tà Carnevalesca, stemmi municipali e vescovili, targhe di riconoscimento per uffici e per carri agricoli, persino le miniature iniziali del Rerum Italicarum Scriptores del Muratori, edito dalla Zanichelli. In occasione dei grandi eventi cittadini, era lui che produceva le scrit­te su tela o legno: i suoi pennelli dettero titoli, slogan e colori alle molteplici manifestazioni promos­se dal regime fascista negli anni ’30 in città: il ra­duno dopolavoristico alla villa della Montesca nel 1933, la Settimana Tifernate e il radu­no interregionale dei tipografi a Fontecchio nel 1937, le Giornate della Tecnica nei primi anni ’40.

Il piccolo laboratorio di Sisi – lo chiamò “Ars et Labor” – si situava all’angolo tra via San Florido e via Battisti; l’adiacente “piaz­za della gramigna” – ora del Garigliano – gli of­friva l’opportuno spazio per dipingere gli og­getti di maggiori dimensioni. L’ambiente ti­fernate, nel quale pure si inserì con disinvoltura, non poteva però offrirgli soddisfazioni economiche, tanto che cominciò a guardarsi intorno per poter allargare la propria attività e condurre una vita meno grama. Fino ad al­lora non aveva effettuato che mo­desti lavori di restauro, ma i contatti con l’ambiente antiquario di Firenze gli fecero intravedere un promettente futuro in questo settore. Per il rinnovo del catasto urbano, collaborò alla re­dazione delle planimetrie dei pa­lazzi, facen­do in modo che gli venisse­ro assegnati quelli con soffitti e sotterranei che potevano conser­vare mobilio in abbandono. Quin­di cominciò a prendere nota della gran quantità di mobili in disuso e bisognosi di restauro di cui le fa­miglie volentieri si sbarazzavano; pezzi spes­so privi di pregio, ma antichi, au­tentici e so­prattutto acquisibili con poca spesa.

Avviò così l’attività di restauratore e antiquario, con orizzonti dapprima modesti….

 

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