Visita di autorità alle strutture del predio Casella, nella tenuta di Santa Fista (1964).

Cattiva amministrazione e risanamento

Intanto il consiglio di amministrazione dell’Opera Pia aveva affidato in gestione il patrimonio rurale. Si nutrivano fondate speranze di poter accrescere la rendita a beneficio della Scuola Operaia. Invece, tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60, un intreccio di condizioni economiche avverse e di cattiva gestione tecnica e amministrativa fecero scivolare l’azienda agraria in una grave situazione debitoria. I debiti ammontavano a circa 175 milioni di lire e il ricavo dei boschi e dei predi a mezzadria riusciva a mala pena a coprire la perdurante perdita della conduzione diretta; l’onere degli interessi sui debiti inoltre assorbiva gran parte delle rendite.

Con la presidenza dell’Opera Pia di Umberto Decenti, dall’agosto 1965, fu avviata una energica opera di risanamento. La sollecitò anche un ispettore prefettizio, che si disse “sbigottito per le risultanze dell’azienda agraria”. Nel gennaio 1966 Decenti giudicò la situazione patrimoniale dell’Opera Pia “così grave da richiedere drastiche e tempestive misure di risanamento”, che avrebbero implicato anche “gravi e dolorose amputazioni del patrimonio”. Urgeva quindi affittare a canone vantaggioso la tenuta di Santa Fista e vendere parte dei terreni di pianura, dando priorità a quelli a conduzione diretta dai quali non si ricavavano gli utili sperati. Vi era la convinzione che i poderi condotti a mezzadria e la tenuta di montagna potessero ancora garantire una buona rendita, ma proprio in quell’epoca l’Azienda di Stato per le Foreste Demaniale si avvalse della facoltà di espropriare i 642 ettari della proprietà di Vallurbana. L’Opera Pia ricevette un indennizzo di L. 67.524.000.
L’asta per l’affitto della tenuta di Santa Fista vide prevalere Primo Barelli e Nazzareno Volpi, che nel giugno 1966 firmarono un contratto di sei anni per un canone annuo di lire 7.300.000. L’azione di risanamento fu rafforzata dalla vendita di lotti di terreno dell’ex predio Olmo, sul quale si stava estendendo la zona industriale di Città di Castello, e da un importante accordo con il Consorzio Agrario Provinciale, principale creditore dell’ente. Il riequilibrio di bilancio permise di incanalare risorse a beneficio della Scuola, che abbisognava di ampliare gli spazi a sua disposizione. Nel 1969 fu così deliberata l’acquisizione della ex Officina Godioli & Bellanti, situata nello stabile di via dei Lanari; l’acquisto venne perfezionato due anni dopo.