Croce in loc. Cacchietto.
Libro di Andrea Bertocci ampiamente dedicato alle violenze tedesche durante il passaggio del fronte.

Violenza tedesca nel territorio di Sansepolcro

A colpire in modo particolare è l’impressionante numero di persone uccise dai tedeschi sulle alture a oriente del Tevere, tra Sansepolcro, Montecasale, l’Alpe della Luna e Castelnuovo: ben 57 nel breve periodo dal 29 luglio al 30 agosto 1944. È molto variegata la casistica di queste esecuzioni sommarie, che si verificarono soprattutto nei giorni 17 e 18 agosto (16 uccisioni) e dal 22 al 28 di quel mese (25).

Fondamentalmente furono determinate dalla condotta inflessibile delle truppe germaniche. Considerando quel territorio zona di operazioni militari e vedendo nei civili che vi risiedevano o vi transitavano possibili spie o sostenitori dei partigiani, misero in atto le più spietate contromisure. L’essere sorpresi a circolare in aree dove era stato ordinato lo sfollamento totale, l’avere atteggiamenti sospetti o comportamenti non collaborativi giustificava agli occhi dei tedeschi l’immediata fucilazione.

Il capo di stato maggiore del 51° Gebirgskorps aveva dato a luglio disposizioni inequivocabili: “Dalle osservazioni della truppa e dalle intercettazioni radio risulta una vasta collaborazione con il nemico della popolazione civile della zona vicina al fronte (informazioni sulle postazioni di fuoco tedesche, sui covi di resistenza tedeschi, sulle basi di approvvigionamento e sugli alloggi degli stati maggiori). La truppa ha l’ordine di sparare su tutti i civili che si aggirano nella zona vicina al fronte”.

In troppi casi, comunque, si manifestò una violenza del tutto arbitraria e brutale. Due ottantenni furono uccisi perché si rifiutarono di evacuare la casa; una mamma per aver difeso se stessa e la figlia da un tentativo di violenza sessuale; un anziano colono per essere uscito di notte, per esigenze fisiologiche, dal rifugio in cantina; un contadino mentre accudiva tranquillamente ai lavori del podere; una donna mentre raccoglieva grano, erba e patate; due capifamiglia, tra i rifugiati in una casa rurale, perché ritenuti responsabili della mancanza di due donne rispetto al conteggio del numero degli sfollati eseguito il giorno prima; un garzone agricolo quindicenne per essere stato visto correre verso un gruppo di case: questo adolescente, ferito gravemente, venne costretto a camminare verso il comando tedesco e morì dopo qualche ora per dissanguamento.

In alcuni episodi fu certo fatale alle vittime il non aver ottemperato all’ordine di sfollamento. Ma probabilmente ne erano ignare e per ciò continuavano a spostarsi, a impegnarsi in qualche lavoro agricolo e a proteggere il bestiame dalle razzie, diventando facile bersaglio dei soldati che pattugliavano la zona. Poi vi fu il dramma di coloro che, dopo l’ordine di evacuazione di Pieve Santo Stefano, provarono a superare la linea del fronte e a portarsi verso Sansepolcro: morirono almeno sette persone per tale ragione. Subirono la triste sorte cinque uomini che, fuggiti dal lavoro forzato lungo la Linea Gotica, vennero sorpresi e fucilati a Montagna, così come altre persone che si dettero alla fuga dopo essere state catturate per la deportazione o che tentarono di oltrepassare la linea del fronte dai territori di Badia Tedalda e di Sestino. Le ultime quattro vittime vi furono a fine agosto, per essersi avventurate in quella zona montana con l’errata convinzione che i tedeschi si erano già ritirati.

Parecchi degli assassinati subirono uno scempio anche a morte avvenuta: i corpi lasciati insepolti divennero pasto di animali selvatici, si decomposero velocemente per il caldo estivo e furono ritrovati, spesso irriconoscibili, solo diverso tempo dopo.

Diverse vittime risiedevano nei territori comunali limitrofi a quello di Sansepolcro.

 

Per il testo integrale, con le note e i riferimenti iconografici, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.