Tappezzieri e materassai

Negli archivi non si trovano molte tracce del lavoro di materassai (“mattarazzari”) e tappezzieri nell’Ottocento. Molto spesso la documentazione non contiene nemmeno il loro nome. Così, ad esempio, si legge nei registri di amministrazione del Seminario: “Il mattarazzaro fatto venire di fuori fece n. 12 giornate pattuite a tre paoli fiorentini il giorno"; "dato al mattarazzaro per 8 mattarazzi ribattuti sc. 1"; “[spese per] ribattitura di 14 materazzi con guanciali, spago e rese, sc. 1,70”; “fattura di 18 matterazzi con suoi guanciali sc. 1,60”. […]
Nel 1873 troviamo citati come tappezziere Agostino Bardi e come materassaio Gaspare Sanguinelli. Bardi rimase alcuni anni in città, poi si trasferì a Roma. Di Sanguinelli poco si sa.
Negli anni Novanta dell’Ottocento si affermarono due stabili botteghe di tappezzieri: appartenevano a Pasquale Bellanti e all’aretino Benedetto Deni. Per diversi decenni furono loro a spartirsi la clientela tifernate. In realtà Bellanti (1864-1941) lavorava più frequentemente nelle case di campagna dei possidenti ed è quindi più scarsa la documentazione su di lui. Abitava a Rignaldello, dove aveva anche un piccolo laboratorio.
Deni (1864-1955) ebbe invece modo di beneficiare di commesse pubbliche: riparò sedie e poltrone, montò tende e mise in opera tappeti e guide negli uffici municipali e nelle scuole. Aveva bottega al n. 9 di via Sant’Egidio, ora Mazzini. Deni fu presto affiancato dal figlio Giovanni. La bottega di Giovanni Deni (n. 1892) si situava al n. 5a di piazza Fanti; poi si trasferì in via Angeloni.
Oltre a loro, nel 1940 si censivano in città come tappezzieri Luigi Morini e, ancora, Pasquale Bellanti.
Le inserzioni pubblicitarie di Giovanni Deni fanno luce sulla sua attività. Oltre al lavoro di tappezziere, che svolgeva anche a domicilio, forniva camere da letto e salotti completi, seggiole, divani e ottomane meccaniche, sacconi elastici nazionali e all’inglese senza legno, reti metalliche, materassi in lana e in vegetale, tappeti e guide; e inoltre “tappezzerie lavabili ad alto rilievo per salotti, sale da pranzo e da bagno”. Aveva un deposito di letti in ferro, in ottone e in doppia lamiera, di seggiole da imbottirsi e di crine vegetale. Riparava anche tappezzerie di automobili 7.
La longeva bottega dei Deni ebbe da affrontare avversità finanziarie. Alla fine degli anni Venti del Novecento già si era messo in proprio un loro operaio, Luigi Morini. In un primo momento Morini (1904-1961) lavorò in via San Florido; poi finì con il prendere il posto di Deni in piazza Fanti. Morini pubblicizzava “lavorazione moderna di tappezzeria” e inoltre: “Lavorazione ottomane tipo lusso e corrente. Trapunti materasse. Divani. Poltrone. Tendaggi. Tappeti. Montaggio tappezzerie. Lavori a domicilio”. Alla sua morte, continuò l’attività il fratello Pietro.
Morini è stato una figura di rilievo dell’associazionismo mutualistico artigiano. Negli anni Quaranta promosse localmente il Centro Nazionale Artigianato e l’Associazione Cristiana Artigiani Italiani, che presiedette fino alla morte. Vi rimasero aggregati a lungo tanti artieri tifernati, senza che le turbolenze politiche e ideologiche dell’epoca ne minassero la concordia. Luigi Morini tenne qualche operaio; nel suo laboratorio si sono formati alcuni dei tappezzieri che hanno avviato una propria attività in questo secondo dopoguerra.
 
Gli estratti dal volume Artigianato e industria a Città di Castello tra ‘800 e ‘900 mancano delle note