Scheda partigiana di Stefano Recek.
Volantino per indurre gli slavi fuggiaschi a consegnarsi alle autorità.

Partigiani slavi nel Capresano

I fuggiaschi slavi più politicizzati di Renicci, che qualche arma l’avevano già trafugata fuggendo da Renicci, erano intenzionati a combattere i nazi-fascisti sui monti altotiberini. In effetti, insieme agli internati evasi da altri campi di concentramento, specie di Colfiorito, gli slavi di Renicci sarebbero stati una componente di rilievo del movimento di Resistenza dell’Appennino umbro-tosco-marchigiano, o aggregandosi a varie formazioni partigiane, o costituendo proprie agguerrite bande nei territori di Caprese Michelangelo e tra Monte Nerone e la valle del Metauro.

Le bande del Capresano avrebbero assunto una chiara fisionomia solo verso la fine dell’inverno. Infatti le condizioni climatiche e la carenza di armamento indussero gli slavi a restare per il momento nascosti, approfittando della stasi dell’azione repressiva nazi-fascista, per radicarsi in modo peculiare nella zona. In ciò li aiutarono gli antifascisti della frazione capresana di Valboncione, che seppero svolgere – nelle parole di Giovannino Fiori – “la funzione importantissima di attrarli nel sistema organico e militare della Resistenza”. I più autorevoli erano di idee comuniste e adottarono comportamenti rigorosamente egualitari nella loro vita quotidiana alla macchia. Nel periodo invernale si dedicarono anche allo studio del marxismo. Ma seppero condividere con la popolazione capresana, della quale non potevano non apprezzare l’ospitalità, una quotidianità fatta di momenti di lavoro, di socialità e di ricreazione.

Nel territorio di Caprese Michelangelo si formarono due raggruppamenti partigiani composti prevalentemente da slavi. Giuseppe Bartolomei così ne sintetizzò l’area di azione: “Uno a sud-ovest, da Monna ai Monti Rognosi, fino al Ponte alla Piera e Savorgnano, faceva capo a Stefano. L’altro, comandato da Valentino […] era acquartierato nella zona alta di nord-ovest che comprendeva il Castello, la Lama, Sovaggio, guardava il colle di Garavone e la strada dalla Pieve alla Verna. Aveva la sua base in una piega della montagna, che poteva essere raggiunta solo a piedi, in un paio d’ore dalle ultime case”. E ancora: “Avevano sistemato i loro ricoveri dentro una forra, dove potevano accendere anche grandi fuochi, che da lontano si confondevano con quelli delle carbonaie, a quel tempo ancora praticate”. Dei capi, che si chiamavano Stefan Recek e Valentin Marinko, Bartolomei offrì alcuni elementi identificativi: Valentino era “un giovane alto, biondo e taciturno”; Stefano bruno di capelli e di media statura, con dei leggeri baffi. Entrambi indossavano berretti contrassegnati da una stella rossa. Per quanto sia problematico delineare con accuratezza la consistenza delle due bande, soprattutto nei primi mesi di vita alla macchia, si sa con certezza che furono almeno 17 gli slavi che rimasero stabilmente in esse sin dalla loro costituzione. Erano Ioze Bombac, Dusan Bordon, Rado Bordon, Vilijem Bzik, Franc Campa, Karel Cimperman, Ioze Goste, Valentin Marinko, Franc Mihelic, Milan Peterlin, Alojs Pirc, Anton Pirman, Stefan Recek,Viktor Sega, Joze Skrlj, Ioze Skulj e Joze Vautar. Tra febbraio e marzo vi si aggregarono altri cinque slavi e due russi.

Mentre altre formazioni partigiane si sarebbero caratterizzate per la loro mobilità, le due bande presidiarono il territorio di Caprese Michelangelo dove si erano insediate. Mantennero stretti legami con la popolazione, anche – annotò Giovannino Fiori – con “rapporti di una certa connivenza”. Alcuni loro componenti vissero insieme a famiglie della montagna e ciò fu all’origine di spiacevoli episodi, perché – affermò ancora Fiori – “si fecero spesso paladini delle ragioni di conflitto delle famiglie a loro più vicine contro altre famiglie”. Fu la banda di Valentino a uccidere la guardia municipale di Caprese Gino Innocenti, che i partigiani portarono con sé dopo aver disarmato il locale presidio della GNR; Innocenti non aveva avuto comportamenti ostili verso gli slavi e pare che all’origine della sua morte vi sia stato il risentimento di un compaesano.

Per quanto riguarda gli aspetti militari della Resistenza, le due formazioni, accettando il coordinamento con le altre del “Raggruppamento Patrioti Pio Borri” di Arezzo, contribuirono in maniera rilevante a impedire ai nazi-fascisti il controllo della vasta area montana tra Caprese Michelangelo e l’Alpe di Catenaia.

Alla fine di marzo gli slavi passarono all’azione. Le bande di Stefano e Valentino – conosciute anche come “Battaglione Lubiana” e “Plotone slavi” – avevano allora una consistenza complessiva di circa 24 unità.

[…]

Il 13 aprile i nazi-fascisti sferrarono un duro attacco ai partigiani tra il Casentino e l’Alta Valle del Tevere toscana. Nella località montana casentinese di Vallucciole massacrarono per rappresaglia 108 persone. Un altro rastrellamento investì il territorio tra Caprese Michelangelo e Pieve Santo Stefano e si protrasse per un paio di giorni. Presso San Procino persero la vita lo sloveno Dušan Bordon e il russo Piotr Fesipovic (o Fosipovic). La loro banda stava tornando da uno scontro a fuoco con un reparto fascista che presidiava la località “Tre strade” e procedeva in direzione di Anghiari su un camion sequestrato in precedenza. La gente del posto sentì i partigiani passare cantando. Incautamente trascurarono il rischio di poter essere inseguiti. Quando vennero raggiunti e si videro sparare addosso, saltarono dal camion e tentarono di mettersi in salvo nella boscaglia. Ma Bordon e Fesipovic non ce la fecero. Un giovane renitente catturato nel corso dell’operazione nazi-fascista ebbe salva la vita per l’intervento di don Tersilio Rossi. Anche in quella circostanza le bande dell’Alpe di Catenaia sfuggirono all’accerchiamento. Ma un altro partigiano slavo, Luka Pelovic, di lì a qualche giorno sarebbe stato catturato e fucilato a San Martino.

[…]

Per quanto riguarda la banda degli slavi – che poi avrebbe assunto la denominazione ufficiale di Distaccamento Lubiana –, dalla sua documentazione si ricava che ne hanno fatto parte, nel corso dell’attività, 56 partigiani. Dopo le perdite subite tra il 13 e il 24 aprile, infoltì ancora i ranghi. Nella seconda metà di aprile vi entrarono altri sette jugoslavi, provenienti da una banda di Santa Sofia, in Romagna, e un disertore tedesco; nel corso del mese di maggio si aggiunsero cinque jugoslavi, un cecoslovacco e sei italiani, tutti di Caprese Michelangelo (Santino Baccanelli, Gino Baccanelli, Rinaldo Bernardini, Alduino Cheli, Giovanni Chimenti e Giustino Meazzini). Complessivamente figurano nei suoi elenchi dieci partigiani italiani; però se ne possono considerare combattenti alla macchia sette. Il comandante militare era Stefan Recek, coadiuvato dal vice Joze Skrlj (o Skely); Valentin Marinko fungeva da commissario politico. Un suo reparto di 17 uomini il 20 o il 21 maggio partecipò al disarmo della caserma della GNR di Chiusi della Verna.

 

Partigiani stranieri del “Lubiana”

Caduti

Blumenfeld Ludvik, partigiano del “Lubiana” dall’8 maggio 1944; colpito a morte il 14 agosto 1944 da una granata presso Trecciano (Caprese Michelangelo).

Bordon Dusan, jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943; caduto in combattimento il 13 aprile 1944 a San Procino di Caprese Michelangelo.

Cimperman Karel (o Zimperman Carlo), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943; caduto in combattimento presso Ponte alla Piera, tra Caprese Michelangelo e Anghiari, il 10 luglio 1944.

Fosipovie Peter, russo, partigiano del “Lubiana” dal 5 marzo 1944; caduto in combattimento a San Procino di Caprese Michelangelo il 13 aprile 1944.

Lovsin Drago, jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 25 aprile 1944; ferito in combattimento il 1° giugno, ricoverato all’ospedale di Sansepolcro, vi decedeva il 19 luglio 1944.

Mihelic Franc (o Franz), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943; caduto in combattimento a Faggeto (Caprese Michelangelo) il 22 luglio 1944.

Pelovic Luka (o Luca), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 2 gennaio 1944; catturato durante un rastrellamento a San Martino e fucilato il 28 aprile 1944.

Pirc Alojs (in altro documento Pierz Alois), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943; caduto in combattimento contro i tedeschi il 10 agosto 1944 presso Caprese Michelangelo.

 

Dispersi

Albin, polacco, partigiano del “Lubiana” dal 3 giugno 1944; disperso o catturato dai tedeschi a Faggeto (Alpe di Catenaia) il 7 agosto 1944.

Vosilij, russo, partigiano del “Lubiana” dal 5 marzo 1944; disperso il 15 agosto 1944 nel tentativo di passare le linee tedesche.

russo anonimo, partigiano del “Lubiana” dal 10 luglio 1944; disperso il 15 agosto 1944 nel tentativo di passare le linee tedesche.

russo anonimo, partigiano del “Lubiana” dal 15 giugno 1944; disperso il 15 agosto 1944 nel tentativo di passare le linee tedesche.

russo anonimo, partigiano del “Lubiana” dal 10 luglio 1944; disperso il 15 agosto 1944 nel tentativo di passare le linee tedesche.

 

 

Andrei, cecoslovacco, partigiano del “Lubiana” dal 10 luglio 1944; catturato dai tedeschi a Faggeto (Alpe di Catenaia) il 22 luglio 1944.

Bajda Erman (o Baida Hermann), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 1° maggio 1944.

Blumenfeld Kurt, austriaco, partigiano del “Lubiana” dall’8 maggio 1944

Bombac Ioze (o Jose), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943.

Bordon Rado, jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943.

Bucovac Alojs, jugoslavo, nato nel 1915 a Lubiana, partigiano del “Lubiana” dal 24 aprile 1944, comandante di squadra; in precedenza partigiano in una formazione romagnola.

Bzik Vilijem (o Brik Villim, o Bzik William), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943.

Campa Franc (o Franz), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943; ferito in combattimento.

Fulij (o Julij), slovacco, partigiano del “Lubiana” dal 20 maggio 1944.

Goste Ioze (o Gostes Iose), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943.

Hocevar Henrich (in altro documento Hocedar Heinrich), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 3 marzo 1944.

Janovsky Lado (in altro documento Lanovski), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 1° maggio 1944.

Jerman Franc (in altro documento Ierman Frank), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 25 aprile 1944.

Kovacic Joze (scritto anche Iose o Jose), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 15 aprile 1944.

Kovacic Slavko (o Slavio), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 25 aprile 1944.

Lustek Miro, jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 25 aprile 1944.

Malnar Julij (o Malmar), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 3 marzo 1944.

Marinko Valentin, jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943, commissario politico del distaccamento.

Muller Rudolf, tedesco, partigiano del “Lubiana” dal 15 aprile 1944, comandante di squadra.

Pesukic Milan, jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 15 febbraio 1944; ferito in combattimento il 13 aprile 1944.

Peterlin Milan (in altro documento Paterlin), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943.

Pirman Anton (o Firman), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 10 settembre 1943; ferito in azione il 14 agosto 1944 presso Trecciano (Caprese Michelangelo).

Recek Stefano, jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943, comandante di distaccamento.

Sega Viktor, jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943.

Skelj Joze (o Skely, o Skeli Jose), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943, vice comandante distaccamento.

Skulj Ioze, jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943.

Vautar Joze (o Vanter Jose), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 14 settembre 1943.

Wulovie Mario (o Vulvovic, o Vulovic), jugoslavo, partigiano del “Lubiana” dal 25 maggio 1944.

Kajnik Zdravko, sloveno, con il “Lubiana” dal gennaio 1943; indicato come patriota dal comando del Distaccamento; per le precarie condizioni di salute poteva essere adibito solo a trasporto viveri e a servizi di collegamento.

 

Per il testo integrale, con le note e la fonte delle illustrazioni, si veda il mio volume Guerra e Resistenza nell’Alta Valle del Tevere 1943-1944, Petruzzi Editore, 2016.