Aldo Arcaleni
I laboratori di falegnameria della Scuola Operaia "G.O.Bufalini".

L’immediato dopoguerra

La “Cristini” e la Società Lavorazione Le­gnami, superato senza subire danni o tra­fu­ga­menti il passaggio del fronte, rimasero le due principali falegnamerie tifernati. I committenti pubblici continuarono ad affidar loro i lavori di maggiore consistenza. Fu l’azien­da di via della Fraternita a costruire i banchi per le scuole e a curare la manutenzione dei fabbricati comunali; nel contempo – come la “Cristini” – mantenne il carattere di segheria “di servizio” per l’artigianato mi­nu­to e per la Scuola Operaia, che abbisogna­va per il suo laboratorio della consueta “smacchinatura” del legname, ma anche di lavori di tornitura e di rifornimento di materie prime.
Mentre, con il passar degli anni, la “Cristi­ni” si riduceva a laboratorio di carattere famigliare, la falegnameria di via della Fraternita visse una fase di maggiore dinamicità. Oltre a Esdra Agnellotti e a Eugenio Marioli, cui si affiancò il figlio Paolo, negli anni ’40 erano soci Mauro Donzelli e Assuero Bianchini, che avevano rimpiazzato Omero Briganti e Antonio Gustinelli, emigrati in Africa. Compresi i proprietari, l’azienda contava una quindicina di addetti; un personale rimasto in gran parte stabile e anche per questo assai conosciuto nel mondo artigianale locale, che soleva identificare gli operai della “segheria d’Agnellòti” soprattutto con i loro soprannomi: “Camisciò­la”, “Grènca”, “Pistolóne”, Brocolètto”, “Ca­naróne”, “Bèpe de Lèrchi”, “Ficài”, “Gnòn­co”. […]
Nel 1953 il figlio di Eugenio Marioli, Pao­lo, provetto falegname cresciuto nella fabbri­ca, lasciò la Società Lavorazione Legnami in­sieme al padre e a Libero Mancini e fondò una propria azienda a poca distanza. I Mario­li – infatti Mancini rimase socio per poco tem­po – costruirono l’officina su un terreno di loro proprietà, cui si accedeva da via della Scatorbia; acquistarono nuove macchine e assunsero una decina di dipendenti, pilotando l’impresa verso un costante sviluppo. Nel 1959 contava 25 addetti rispetto ai 13 della vecchia falegnameria di Agnellotti. La produzione era simi­le, ma Marioli non effettuava servizio di se­gheria. Di macchinario aveva due seghe a na­stro, due levigatrici, di cui una a nastro, due pialle a filo e una a spessore, una toupie, una mortasatrice a catena, una pressa elettrica, una taglierina e due affilatrici, una lucidatrice, una pulitrice a spazzola per lucidatura meccanica, una levigatrice, una stolzatrice, una mescolatrice per colla, due trapani e un pialletto elettrici e infine un motore elettrico di scorta.
A pochi passi l’una dall’altra, le falegnamerie di via della Fraternita e via della Scatorbia convissero per diversi anni, dividendosi le principali commesse cittadine in una fase di allargamento del mercato contestuale al­l’espansione edilizia. Marioli produsse infissi an­che per Perugia e Roma. Sarebbe stato tra i primi, accogliendo le sollecitazioni dell’amministrazione comunale, a trasferirsi nella zo­na industriale.
Gli studi statistici per il piano regolatore, nel 1959, fecero ammontare a 34 il numero delle botteghe di falegnameria situate entro le mura urbiche; una si trovava al di fuori, altre 15 nelle frazioni1. Alcuni dei vecchi protagonisti della storia di questa industria stavano per venir meno: Esdra Agnellotti morì nel 1963; l’anno dopo scomparve l’ultimo Cristini, Quinto.