Ambienti della Scuola Operaia a Sant’Antonio.
Marco Tullio Bendini, pittore e insegnante.
Romolo Bartolini, scultore e insegnante.

La Scuola dopo la Grande Guerra

Con il ritorno dal fronte degli insegnanti di disegno Marco Tullio Bendini e Romolo Bartolini la Scuola riprese il suo regolare andamento. Nell’agosto del 1919 allestì una nuova mostra dei lavori degli allievi, al pianterreno della Scuola Tecnica di Piazza Gioberti, dove ancora aveva le aule. Tra i lavori esposti, le decorazioni di Dante Baldelli, allievo di Bendini che si sarebbe fatto strada nel campo della ceramica; un lavoro di ornato dello scalpellino e scultore Pietro Pazzaglia. Tra gli iscritti del 1919-1920 figuravano 60 fabbri meccanici, 57 falegnami, 6 intagliatori, 68 muratori, 11 tra scalpellini e sbozzatori in marmo, 17 tra decoratori e stuccatori, 13 tipografi e 5 calzolai. Frequentarono assiduamente circa 200 allievi.

La Scuola rimaneva ancora esclusivamente serale, con un insegnamento prevalente di carattere grafico. Funzionava già dalla fine del 1916 un laboratorio, definito “modesto”, per operai falegnami, fabbri e scalpellini. Lo si era attrezzato in virtù del contributo di L. 500 giunto dalla Camera di Commercio, con materiale messo a disposizione per lo più dai capi-bottega tifernati. Fu nel 1920, però, che i laboratori della Scuola assunsero una forma rispondente alle necessità del momento. Due sovvenzioni dell’Opera Nazionale Combattenti permisero l’acquisto di banchi da lavoro, di utensili vari e di un tornio da fabbro. Il Municipio mise a disposizione la chiesa sconsacrata di Sant’Antonio, che fu parzialmente ristrutturata “demolendo gli altari e separando con muri divisori dalla chiesa vera e propria la cappella del Santo”.
Il cuore della Scuola, tenuto in vita fino ad allora soprattutto dalle lezioni di disegno e di tecnica, cominciò a pulsare anche in quei laboratori. Rimase un po’ ai margini l’insegnamento della cultura generale, limitato a due lezioni settimanali.
Nell’anno 1920-1921 la Scuola si strutturava così:
– Un corso serale, definito “normale”, per allievi operai di città, della durata di quattro anni, con insegnamento solo di disegno nel primo, di disegno ed esercizi pratici per decoratori, scalpellini, fabbri, falegnami e muratori negli altri tre. Il corso ebbe in tutto 103 allievi, di cui 41 iscritti alla prima classe.
– Un nuovo corso diurno per allievi operai delle frazioni rurali e di Sangiustino, con insegnamento analogo a quello degli ultimi due anni del corso normale. Ebbe successo: lo frequentarono 67 allievi.
– Un corso facoltativo serale per operai adulti ed ex combattenti, prevalentemente pratico. Fu frequentato da 35 allievi, “specialmente da operai dell’arte edilizia, cui il disegno è tanto necessario, da fabbri forgiatori e da decoratori”.
– Il corso diurno preparatorio di Sangiustino, con esclusivo insegnamento del disegno. Vi presero parte 28 ragazzi.
Tra le spese che si imponevano alla Scuola vi erano quelle per la refezione e per i rimborsi delle spese di viaggio. Si trattava di un giusto incentivo per allievi peraltro definiti “veramente ammirevoli”.
La crescita della Scuola imponeva ormai un direttore a tempo pieno, con competenze di ingegneria meccanica. Temporaneamente la direzione fu affidata a Nazzareno Giorgi, che aveva saputo ben gestire la didattica in quei primi difficili anni. Il corpo docente si stava consolidando, con lo stesso Giorgi insegnante di disegno e plastica e istruttore degli scalpellini, Marco Tullio Bendini altro insegnante di disegno e di decorazione, Romolo Bartolini assistente di disegno, Augusto Pellegrini, Gino Godioli e Bernardo Andreoni istruttori rispettivamente di falegnami, fabbri e stuccatori, e Giulio Briziarelli insegnante di cultura generale.