Le prime case popolari del quartiere (1952).
L’insieme delle case popolari di viale Carlo Liviero nel 1955.
Viale Carlo Liviero nel 1955.
Le case popolari del viale quando, sulla destra, venne tracciata via XXV Aprile.
Veduta da oltre viale Vittorio Veneto nel 1959. A nord delle case popolari di viale Liviero, si stanno già costruendo nuovi edifici di abitazione tra via Martiri della Libertà, via Celestino II e via Gregorio Tifernate.
La casa di via Carlo Liviero 7 dal retro, via Elia Volpi (1958).

La costruzione delle case popolari

Nel 1949 il parlamento italiano varò i “Provvedimenti per incrementare l’occupazione operaia, agevolando la costruzione di case per lavoratori”. Era il grande Piano Ina-Casa promosso dal ministro del lavoro e della previdenza sociale Amintore Fanfani. Nel 1950 anche il comune di Città di Castello venne riconosciuto “stazione appaltante” per la costruzione di queste abitazioni, rivolte alla vasta platea di lavoratori pubblici e privati. I beneficiari dovevano concorrere alla spesa con una modesta trattenuta mensile sulla busta paga, intorno al 2%.
Fu l’architetto tifernate Giorgio Giorgi a progettare il quartiere. I lavori per un primo lotto di tre case popolari iniziarono già nel 1950; furono assegnate all’inizio del 1952. Questi i capi famiglia beneficiari: Bacchi GioBatta, Bucci Luigi, Coltrioli Zeno, Dini Italia, Fedencrini Elio, Fortuni Bruno, Galeazzi Attilio, Marinelli Abramo, Neri Angelo, Paganelli Giuseppe, Pettinari Giuseppe, Pieggi Marco, Pigliapoco Antonio, Radicchi Antonio, Reali Paolo, Rossi Amadio, Veschi Orlando, Zoccolanti Rosina. Andarono ad abitare nelle tre case costruite sulla sinistra di viale Liviero, andando in direzione della stazione.
Nel settembre del 1952 venne data in appalto la costruzione degli altri cinque edifici Ina-Casa, situati sulla destra del viale. La mia famiglia andò ad abitare al n. 7 di viale Liviero nel giugno 1954, insieme a quelle di Lidia Mancini Mercati, Domenico Polcri, Angelo Saloni, Daniele Santinelli e Giuseppe Stinchi. Al n. 5 si insediarono le famiglie Cerrini, Fabbri, Corsini, Materazzi, Buriani e Rossi; al n. 9 le famiglie Petruzzi, Laurenzi, Berliocchi, Benedetti, Cesari e (…); al n. 13 le famiglie Scarselli, Tarducci, Bendini, Biccheri, Carlini e Mariotti.
Tuttavia mancavano ancora il ponte sul torrente Scatorbia e la via d’accesso alla stazione e alle case popolari. I giornali locali si lamentarono per le lungaggini burocratiche, che stavano costringendo i residenti a vere e proprie “acrobazie” per accedere alle loro case, soprattutto in caso di maltempo.Finalmente nel 1953 furono appaltati alla ditta Chenet il ponte e il viale; il consiglio comunale lo intitolò a Carlo Liviero, vescovo della città dal 1910 al 1932, proclamato beato dalla Chiesa nel 2007.
Nel dicembre 1954 vennero piantati gli alberi del viale. Ancora non esistevano via della Fornace e via XXV Aprile.
Il bel quartiere di case popolari era dunque edificato. Condomini di sei appartamenti, con un ampio spazio attorno. In buona parte di quello spazio ci fecero degli orti: i garage sarebbero venuti diversi anni dopo. Infatti ancora pochissime famiglie possedevano autovetture; praticamente impossibile che ne avessero gli inquilini di case popolari…
In quei 48 appartamenti, una marea di bambini: erano gli anni del baby boom del dopoguerra.
Oggi possiamo apprezzare come questo quartiere si presenti arioso, ordinato, con un volto ben riconoscibile, assai diverso da altre aree periferiche, cresciute in modo caotico, esteticamente confuso.