Arcaleni e un coro dell’Opera Balilla alla Villa Montesca.

Il “Maestrino” e il fascismo

Per ben altri cori, intanto, si chiedeva aiuto al “maestrino”. Il regime fascista, ormai politicamente consolidatosi, intendeva trasformare radicalmente la società italiana secondo i dettami del Duce. Sorse così l’Opera Nazionale Balilla, per assicurar, insieme a forme di istruzione e di assistenza, l'”inquadramento totalitario” dei giovani. Nel contempo, all’Opera Nazionale Dopolavoro spettava il coordinamento e il controllo politico delle attività culturali e ricreative dei lavoratori, già capillarmente “irreggimentati” – così si vantavano i gerarchi – dai sindacati di regime, gli unici autorizzati.
A Città di Castello il successo dell’O.N.D. fu garantito dalla preesistenza del fecondo tessuto di associazioni filodrammatiche, musicali, ricreatice e sportive; una dopo l’altra accettarono di aderirvi per poter così mantenersi in vita. L’O.N.B. invece occupò sapientemente uno spazio fino ad allora monopolizzato dalla Chiesa. I periodici attriti a tal riguardo tra regime e Santa Sede testimoniarono di quanto il mondo cattolico tentasse di resistere ai tentativi fascisti di mettere le mani sull’educazione dei fanciulli. Ma il Duce l’ebbe in gran parte vinta e i giovani si trovarono ad essere inquadrati in Balilla e Avanguardisti, se maschi, e in Piccole Italiani e Giovani Italiane, se femmine.
Negli anni Trenta si incontra spesso Arcaleni come direttore d’orchestra o istruttore di cori nelle annuali “audizioni musicali” dell’O.N.B. Anche lui, che fascista convinto certo non fu, si prestò a contribuire con il suo talento alle manifestazioni musicali di quel regime che ormai permeava l’intera società. Vuoi per quieto vivere, vuoi perché di questioni politiche si interessava assai poco, accettò il fascismo come una realtà di fatto. Ma doveva pur rendersi conto di quanto avveniva in Italia. Frequentava assiduamente, sotto la “torre del vescovo”, la bottega di arrotino del cugino Felice – anch’egli un Arcaleni -; e a coloro che si ritrovavano lì, socialisti e anticlericali impenitenti, non mancava certo lo spirito per dirne quattro contro la dittatura.
L’estratto manca delle note presenti nel testo Roberto Arcaleni “il Maestrino” (Scuola Grafica dell’IPSIA, 1995).