Distintivo del Partito Nazionale Fascista.

Il fascismo si consolida

L’incombere delle elezioni amministrative del 21 gennaio 1923 indusse ad accantonare le serie spaccature che stavano minando il Fascio di Città di Castello, emerse in modo eclatante quando si sfidarono a duello due suoi autorevoli esponenti, Furio Palazzeschi e Francesco Trivelli. Inoltre scoppiarono risse fra gruppi di fascisti di opposti schieramenti nel Caffè Americano e nel sobborgo del Gorgone. Gino Patrizi, responsabile territoriale, dovette appellarsi alla massima disciplina: “Ogni rancore personale deve essere spento; ogni competizione di frazione o di campanile deve essere dimenticata”. Angelo Falchi tentò di minimizzare i dissensi interni, attribuendoli “all’indole vivace dei singoli, alla gioventù, forse alle fatiche” accumulate tra la guerra di trincea e le battaglie politiche del dopoguerra.

Il PNF si trovò a competere solamente con il partito popolare, che comunque dichiarò intenti “non d’opposizione, ma d’integrazione delle forze nazionali raggruppate intorno al partito fascista”. Nella composizione della lista, i fascisti rivelarono in modo inequivocabile quali fossero i loro ceti sociali di riferimento: su 24 candidati, 11 erano possidenti, tre dei quali di nobile famiglia; li affiancavano un piccolo proprietario, quattro professionisti e due commercianti.

Le elezioni non potevano riservare sorprese e il Fascio tifernate fu proiettato alla guida dell’amministrazione comunale, nominando sindaco Furio Palazzeschi. In giunta sedettero Dario Nicasi Dari, Gustavo Bioli, il dottor Antonio Tellarini, l’avvocato Eugenio Catrani, il geometra Vittorio Vincenti e Aldo Cecchini. Una compagine che rappresentava le varie anime del fascismo tifernate: proprietari terrieri Palazzeschi e Nicasi Dari; reduci di guerra e massoni lo stesso Nicasi Dari, Cecchini e Bioli, che era anche una figura di spicco dell’Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra; esponenti del mondo professionale e del ceto medio Vincenti, Tellarini e Catrani. Quest’ultimo proveniva dalle file nazionaliste. Di lì a poco i nazionalisti tifernati, rappresentati da Michelangelo Riccardini, finirono con il confluire nel PNF, seguendo la scelta del partito a livello nazionale.

Problemi stavano invece per sorgere con la massoneria…

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