I primi fotografi

Nel 1873 il Comune di Città di Castello inviò i dati per la compilazione della Guida generale d’Italia commerciale, geografica ed amministrativa. Alla voce “fotografi”, indicò i nomi di Angiolo Baldeschi, Domenico Lambardi e Francesco Mei. Si tratta del primo documento finora reperito in cui si parli di fotografi tifernati.

Ben poco si sa di Francesco Mei. Qualche sua fotografia – dei ritratti – è giunta fino ai giorni nostri. Quanto a Domenico Lambardi, insegnava disegno e dipingeva. Di una sua eventuale attività fotografica si è finora reperita traccia in un registro di spese famigliari del conte Florido Pierleoni: nel 1866 dette 16 lire “al Lambardi per fotografie”.

Angiolo Baldeschi sembra aver operato più a lungo. Il timbro “Baldeschi Fotografo” è impresso sul retro di una foto che il farmacista Angiolo Bini donò “alla benemerita giunta municipale di Città di Castello” il 3 novembre 1879. E, pochi mesi dopo, la stessa giunta autorizzò Baldeschi a “ritrarre le fotografie dei quadri del Comune esistenti nella Pinacoteca”. Tuttavia il Catalogo ufficiale dell’Esposizione dell’Alta Valle del Tevere del 1878 non censisce alcun fotografo. Se ciò significasse scarsa considerazione per Baldeschi o, più in generale, per un’attività ancora così giovane e poco diffusa, non lo sappiamo.

Sappiamo invece che proprio in quel periodo cercò di avviare uno studio Osea Falleri. Nel novembre del 1879 fu autorizzato dal Comune ad aprire una finestra sulle mura presso porta Sant’Andrea. Aveva preso in affitto un orto con annesso casale sul pomerio, vicino al seminario vescovile, per impiantarvi un laboratorio. L’orto gli serviva per allestire una “scena fotografica”, in pratica una sala di posa. Fino agli anni ’50 del secolo scorso era ancora visibile in via Sant’Andrea la scritta “Fotografia Osea Falleri”. Quella iscrizione pubblicitaria sopravvisse ben più a lungo del laboratorio. Se non ci inganna una omonimia – peraltro improbabile, considerato il nome – il tifernate Osea Falleri era pure un apprezzato suonatore di oboe: l’anno dopo emigrò a Montevideo, in Uruguay, dove si sarebbe imposto come musicista, fondando e dirigendo il prestigioso Istituto Musical Falleri.

 

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